Definire la violenza

Definire la violenza

Qualunque analisi esaustiva della violenza dovrebbe cominciare definendo le diverse forme di uso distorto o abuso del potere in maniera tale da facilitare la loro misurazione scientifica.

 

Esistono diversi modi possibili per definire la violenza. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la definisce come:

L’utilizzo intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o reale, contro se stessi, un’altra persona, o contro un gruppo o una comunità, che determini o che abbia un elevato grado di probabilità di determinare lesioni, morte, danno psicologico, cattivo sviluppo o privazione.

La definizione utilizzata dall’OMS associa l’intenzionalità con l’atto stesso, a prescindere dal risultato che si determina. Nella definizione non sono compresi incidenti non intenzionali – quali la maggior parte delle lesioni dovute al traffico e delle ustioni.

L’inserimento del termine “potere”, oltre alla frase “utilizzo della forza fisica”, amplia i confini della natura di un atto violento ed espande la nozione convenzionale di violenza fino a comprendere quegli atti che rappresentano il risultato di una relazione di potere, ossia anche le minacce e l’intimidazione. Il termine “utilizzo del potere” permette inoltre di includere l’incuria o gli atti di omissione, oltre ai più scontati atti violenti di perpetrazione. In questo modo la definizione “l’utilizzo della forza fisica o del potere” comprende l’incuria e tutti i tipi di abuso fisico, sessuale e psicologico, così come il suicidio e gli altri atti di abuso verso se stessi.

Tale definizione racchiude un’ampia gamma di conseguenze – tra cui il danno psicologico, la privazione e il cattivo sviluppo. Ciò riflette la convinzione sempre più frequente tra ricercatori e professionisti in base alla quale è necessario considerare anche la violenza che non determina necessariamente una lesione o la morte, ma che provoca comunque conseguenze importanti su individui, famiglie, comunità e sistemi sanitari in tutto mondo. Diverse forme di violenza contro le donne, i bambini e gli anziani, ad esempio, possono determinare problemi fisici, psicologici e sociali che non necessariamente provocano lesioni, disabilità o morte. Queste conseguenze possono essere immediate o latenti e possono perdurare per anni dopo l’abuso iniziale. Definire i risultati esclusivamente in termini di lesioni o morte limita pertanto la comprensione dell’impatto globale della violenza sugli individui, le comunità e la società nel suo insieme.

Intenzionalità

Uno dei punti più complessi della definizione riguarda il problema dell’intenzionalità. È necessario sottolineare a questo proposito due punti importanti. Innanzitutto, sebbene la violenza si distingua dagli atti non intenzionali che determinano lesioni, la presenza dell’intenzione di ricorrere alla forza non significa necessariamente che esista anche l’intenzione di causare un danno. In realtà, è possibile che esista una notevole disparità tra un comportamento voluto e una conseguenza voluta. È possibile che un individuo compia intenzionalmente un atto che, in base a parametri obiettivi, viene considerato pericoloso e con notevoli probabilità di determinare delle conseguenze sanitarie negative, ma che l’individuo stesso non lo percepisca come tale.

Per fare alcuni esempi, un giovane può essere coinvolto in uno scontro fisico con un altro giovane. Un pugno in testa o il ricorso a un’arma nella disputa indubbiamente aumentano il rischio di lesione grave o morte, sebbene non vi sia probabilmente l’intenzione di causare nessuna delle due. È possibile che un genitore scuota con forza un neonato che piange con l’intenzione di calmarlo. Tale azione, tuttavia, potrebbe causare un danno cerebrale. Chiaramente, è stata utilizzata la forza ma senza l’intenzione di provocare una lesione.

Un secondo aspetto legato all’intenzionalità riguarda la distinzione tra l’intenzione di provocare una lesione e l’intenzione di “usare la violenza”. La violenza, secondo Walters e Parke, viene determinata culturalmente. Alcune persone hanno l’intenzione di danneggiare altri ma, a causa della loro storia e dei loro valori culturali, non percepiscono i propri atti come violenti. La definizione utilizzata dall’OMS, tuttavia, definisce la violenza nella sua relazione con la salute o il benessere degli individui. Certi comportamenti – ad esempio picchiare la moglie – possono essere ritenuti da alcuni una pratica culturalmente accettabile, ma sono considerati atti violenti con gravi implicazioni di salute per l’individuo.

Altri aspetti della violenza, sebbene non esplicitamente indicati, vengono inclusi nella definizione.

Essa, ad esempio, comprende tutti gli atti di violenza, sia pubblici sia privati, reattivi (in risposta a eventi quali una provocazione) e proattivi (strumentali o anticipatori di risultati vantaggiosi per chi li compie), criminali e non criminali. Ciascuno di questi aspetti è importante per comprendere le cause della violenza e per delineare dei programmi di prevenzione.

 

Tipologia della violenza

Nella risoluzione WHA 49.25 del 1996, in cui la violenza fu dichiarata un gravissimo problema di salute pubblica, l’Assemblea Mondiale della Sanità chiese all’OMS di elaborare una tipologia della violenza che caratterizzasse i diversi tipi di violenza e i legami che li univano. Le tipologie esistenti sono poche e nessuna è particolarmente completa (5).

Tipi di violenza

La tipologia proposta in questa sede divide la violenza in tre ampie categorie in base alle caratteristiche di chi commette l’atto:

– violenza autoinflitta;

– violenza interpersonale;

– violenza collettiva.

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