Una storia dell’altro mondo

Una storia dell’altro mondo

Qualcuno me ne ha fatto dono in un tempo che non ricordo di preciso, la trovo molto attuale e cerco di rammentarla nei dettagli.

Dopo una vita lunga e avventurosa, un prode samurai raggiunse il mondo ultraterreno e fu destinato al paradiso. Ma aveva un carattere talmente curioso che chiese per prima cosa di poter dare anche un’occhiata all’inferno. Un angelo lo accontentò. Così fu condotto in un vastissimo salone con al centro una grande tavola imbandita di pietanze succulente e piatti colmi di golosità senza eguali. Però i commensali che sedevano tutt’intorno erano talmente smunti, pallidi e scheletriti da far pietà. Il samurai sorpreso, chiese alla sua guida come potesse accadere ciò: che quelle persone fossero così malconce, con tutto quel ben di Dio che avevano a loro disposizione.

“Vedi – rispose l’angelo – quando sono arrivati qui, ognuno di essi ha ricevuto due bastoncini, proprio come quelli che normalmente si usano per mangiare. Però da noi questi strumenti sono lunghi più di un metro e devono essere rigorosamente impugnati all’estremità. E gli ospiti sono obbligati ad usarli solo in questo modo per portarsi il cibo alla bocca”.

Il samurai rabbrividì. Era terribile quella punizione. I poveretti, per quanti sforzi facessero, non riuscivano a mettersi in bocca neppure una briciola di quei pasti sontuosi.

Non volle vedere altro e chiese di andare in paradiso al più presto. Quando vi fu giunto dovette sorprendersi non poco perché in paradiso c’era un salone assolutamente identico all’inferno! E dentro quell’immenso salone era seduta un’infinita tavolata di gente intorno a una identica sfilata di piatti deliziosi. Non solo: tutti i commensali erano muniti di quegli stessi bastoncini lunghi più di un metro. Con una sola differenza: in quel luogo le persone intorno al tavolo erano allegre, gioviali e pienamente soddisfatte.

Il samurai non riusciva a capacitarsene. “Ma com’è possibile?”, chiese all’angelo. Questi sorrise facendogli notare allo stesso tempo che all’inferno ognuno si affannava ad afferrare il cibo, perché così si sono sempre comportate nella loro vita quelle persone. In paradiso al contrario, ciascuno è capace di prendere il cibo con i bastoncini; con l’intento di imboccare il proprio vicino. Riuscivano ad avere scambi reciprocamente remunerativi e appaganti.

È una storia che mi aiuta a riflettere sul valore della reciprocità e a non trascurare che Paradiso e Inferno sono nelle nostre mani in ogni momento del giorno e della notte.

Aiuta anche a considerare che “scambio” e “reciprocità” sono due cose diverse: il primo intende il fatto di cedere qualcosa contro un corrispettivo o contropartita; mette in luce una relazione asimmetrica e allo stesso tempo intrinsecamente competitiva e conflittuale. La reciprocità dimostra invece che la relazione esistente tra un primo termine e un secondo termine, esiste anche tra il secondo termine e il primo. La reciprocità è una relazione che si rispecchia. Lo scambio manifesta una permuta d’oggetto (materiale o immateriale), la reciprocità crea un valore etico che a sua volta può trasformarsi in valore economico.

Una storia dell’altro mondo (2003)


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