È stata sempre una prova “impegnativa” o addirittura rischiosa il cimento. Sin dai tempi di quelle che F. Braudel definì “onde lunghe della storia” e che ai giorni nostri sono diventate sempre più brevi. “Provando e riprovando” fu il motto dell’Accademia del cimento fondata da Leopoldo dei Medici nel 1657, un’associazione scientifica che fece del metodo galileiano il suo riferimento fondamentale. E l’esperimento, il provare e riprovare, l’azione e la verifica dei risultati, l’intuizione, l’iniziativa e la pratica, costituiscono la base della nostra esistenza, lungo tutto l’arco della vita.
Si “sperimenta” (si fa esperienza) in una condizione o situazione, dove la persona può ritrovarsi volontariamente (perché ha deciso di cambiare qualche aspetto della sua esistenza) oppure quando è coinvolta dalle circostanze. Implica anche una “sfida” che, in un certo senso, ci impone di esprimere qualità e attitudini o, almeno, “potenziali”, da convogliare nell’iniziativa e nell’azione.
Può trattarsi quindi di una “contingenza difficile”, che mette alla prova le nostre capacità o che può rendere evidente o meno la fondatezza di una nostra iniziativa oppure la realtà di una nostra percezione. Il “cimento” dunque, in generale, diventa una “verifica” e un “ri-conoscimento”, un riaggiustamento del nostro assetto identitario; che lo si voglia ammettere o no. Ed è forse per questo che ci rende ansiosi.
Ma si tratta pur sempre di un evento trasformativo, che svela qualità o inclinazioni di chi affronta la prova e certamente anche di chi la subisce. Pertanto non possiamo passivamente sottoporci o subire il cambiamento: occorre governarlo, accompagnarlo, dirigerlo, guidarlo … attraverso un sensato processo di adattamento e una indispensabile ricerca di alleanze. Questo è il cemento che consolida la nuova opera, il nuovo percorso.
Un cimento che, tenendo in considerazione il complesso di relazioni personali e professionali della nostra vita attiva, ci spinge anche ad agire adeguatamente, per rettificare la percezione e la comprensione dei rapporti d’interdipendenza che continuano a susseguirsi nel processo evolutivo.
PS:
Questa è la n. 34: Un cimento che cementa (2002).
Fa parte di un gruppo di annotazioni sulle mie agende del 2002, 2003 e 2004, che trovo ancora interessanti. Brevi riflessioni, credo non banali rispetto al tempo in cui le ho scritte. Ne ho messe insieme 52, con l’intenzione di proporre un motivo di ispirazione settimanale per il corso dell’anno.
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