La depressione è un’emozione che può divenire un sintomo, se non un aspetto caratteriale.
La psichiatria classica distingue la depressione in endogena ed esogena, ma se ci atteniamo ai principi energetici di Reich, possiamo individuare certi “blocchi” corporei come responsabili delle diverse manifestazioni della depressione e cogliere l’etiologia di essa molto meglio che la nosografia ufficiale ed attuale.
Rifacendomi a Wernicke, possiamo parlare di situazioni o di processi somato-psichici che ritengo più esatto definire somato-psico-dinamici. Intendo riferirmi ai concetti che sottolineano come ogni condizione di privazione, di perdita, mancanza, determinino una condizione “depressiva” che troveremo, pertanto, ancorata a diversi livelli muscolari del corpo.
Opino che vi siano quattro possibilità per tale ancoraggio, per cui quattro espressioni della psicopatologia depressiva.
La prima possibilità è data dalla depressione psicotica allorché il soggetto non è cosciente del suo stato depressivo, egli non lo “vede”: in tal caso è il livello ad essere bloccato. Il blocco del 1. livello, dei telerecettori cioè, induce la situazione psicotica in cui la depressione è l’aspetto saliente; il blocco di tale livello per l’insoddisfazione, la frustrazione avvenuta durante i primi giorni di vita determina la condizione psicotica che è da ritenersi fondamentale in ogni caso di “psicosi depressiva”.
La sintomatologia si presenta col mutacismo, con la catatonia, con l’esplosione di rapporti distruttivi, molto pericolosi per il soggetto e per gli altri. Per tali motivi come ho già scritto e detto altre volte, non si può parlare di specifiche psicosi, ma solo delle “psicosi”.
Seconda possibilità: dal momento che sappiamo che subito dopo la nascita, attraverso l’allattamento, è la bocca, cioè il 2. livello reichiano del corpo, che entra in funzione, va da sé che se la frustrazione esistenziale si verifica in tale periodo, implode tutta la sintomatologia definita “orale”. Dico “implode” perchè in tali casi si struttura un vero e proprio nucleo depressivo della personalità, pronto ad esplodere allorché determinate situazioni esistenziali fanno rivivere al soggetto le stesse penose emozioni neonatali. Tali emozioni rimosse sono legate ad un cattivo maternage o ad un precoce svezzamento.
In questi casi vi sono due possibilità di manifestazioni orali, quella cosiddetta insoddisfatta e quella rimossa. Nella prima si tratta di soggetti che hanno ricevuto frustrazioni relative all’allattamento: soggetti che hanno sofferto una fame di latte che arrivava o troppo poco o in ritardo, dando loro tutta la possibilità di fantasmatizzare, da cui, in clinica, la presenza di pseudo-allucinazioni. Tutto ciò si manifesta nella caratterialità adulta con una spiccata tendenza alla depressione profonda dell’umore che il soggetto cerca di compensare o di evitare attraverso l’abuso del cibo, dell’alcool, del fumo. È importante, in terapia, cercare di stabilire l’epoca in cui tale frustrazione si è verificata.
L’oralità rimossa, si installa invece per uno svezzamento troppo precoce: la paura e la rabbia provata dal neonato in tale circostanza si manifesta in seguito con una contrazione cronica dei muscoli masseteri; spesso la mandibola è quadrata ed il soggetto parla fra i denti. Tale frustrazione comporta una caratterialità aggressiva di tipo distruttivo, con mordacità e con una suscettibilità al limite della paranoia.
Si delinea così il soggetto borderline che può esplodere in manifestazioni psicotiche allorché il blocco energetico della bocca invade gli occhi, regredendo. Per tali soggetti tra compensazione avviene mediante un privilegiare il “piacere” degli occhi (in tal modo non si accumula energia) con la lettura, l’estetica, ecc., se non con la droga.
Prima di passare alla nevrosi depressiva è opportuno prendere in considerazione la cosiddetta sindrome maniaco-depressiva, la cui alternanza delle fasi corrisponde in chiave reichiana a situazioni nelle quali, per la fase depressiva, da parte del soggetto si ha difficoltà a “vedere” l’altro e se stesso (accomodazione, convergenza) e facilità a ,”rodersi dentro” (mordere) come ruminazione aggressiva. La fase maniacale è caratterizzata da una facilità di “guardare e guardarsi a destra e a sinistra” e nel contempo da un bisogno di “succhiare” facilmente tutto quanto attorno.
In termini di vegetoterapia vi è uno sfasamento tra il primo e il secondo livello con una funzionalità incoerente e discordante.
Nel quadro della depressione è necessario, inoltre, ricordare la forma depressiva criptica; tale sindrome, secondo me psicotica di fondo, è nascosta per la presenza di un “blocco” al naso (ne parleremo prossimamente) che “compensa” quello degli occhi e della bocca: la sintomatologia depressiva esplode o per lo “sblocco” improvviso del naso o perchè il blocco, come difesa, oltrepassa i limiti energetici. Il blocco del naso si accompagna sempre con quello del 6. livello, l’addominale.
Terza possibilità: in relazione alla nevrosi depressiva possiamo collocare l’ipocondria, quadro clinico in cui il soggetto è capace di vedere l’altro o se stesso, ma non con un ritmo alternato per ciò che concerne il 1. livello, bensì nei confronti del 2., della bocca; il funzionalismo, cioè, è fortemente disturbato.
Che tale sindrome sia a cavallo con la nevrosi depressiva lo dimostra la sintomatologia in cui prevale l’attenzione morbosa del soggetto per la propria salute, per il proprio corpo temuto malato, cioè per il proprio Io.
È secondo me, il 3. livello reichiano, cioè il collo, responsabile della vera e propria nevrosi depressiva o depressione nevrotica. Tale 3. livello arriva in basso fino alla linea mammillare; la clinica classica lo conferma e quella reichiana pure. Non si tratta, infatti, né di uno stato né di un processo depressivo nel senso vero dei termini: il soggetto “vede” bene la sua “depressione” che è, piuttosto, una invadente tendenza alla tristezza, alla malinconia, alla “nostalgia” romantica!
Il blocco di tale livello è predominante su quello orale ed impedisce al soggetto di superare una condizione psicodi-namica di ambivalenza, nel senso che per ciò che riguarda il solo blocco degli occhi e della bocca vi è una chiara situazione di dipendenza psicologica, mentre qui vi è anche la problematica di esserlo (dipendente) o non esserlo. Il soggetto desidera essere indipendente, ma c’è qualcosa di più forte di lui che lo… blocca.
Questa dipendenza è legata all’identità poiché un soggetto dipendente è uno che non ha avuto la possibilità di-superare l’identificazione e raggiungere quindi la sua identità. Il dipendente si identifica facilmente e l’identificazione è sempre quella con la figura materna, mentre con l’identità si raggiunge l’Io individuale.
Tale blocco della parte superiore del torace (sempre 3. livello) beneficia in vegetoterapia degli acting delle braccia e, poiché il torace inferiore (4. livello) è condizionato al diaframma (5. livello) è evidente che la nevrosi depressiva si evidenzia insieme a manifestazioni ansiose. Abbiamo, cioè, la depressione ansiosa, in tal caso è l’irrigidimento del collo (blocco) per il tentativo narcisistico di superare l’ambivalenza che comporta la partecipazione diaframmatica legata all’ansia e al masochismo: il soggetto è lamentoso, si ritiene incapace, sfortunato, ecc.
Un quarto tipo di depressione è quello legato a un blocco predominante del 7. livello (il bacino) insieme a residui di oralità insoddisfatta: è dovuto all’impossibilità da parte del soggetto di procurarsi o ricevere una ben soddisfacente gratificazione paragonabile all’equivalente del pia cere sessuale genitale. Tale impossibilità produce come reazione una manifestazione depressiva di tipo reattivo.
Si tratta di “disturbi” convergenti per cui, una volta che l’elemento esogeno è stato superato o eliminato, il soggetto ritrova la sua vitalità, anche se ulteriori frustrazioni potranno di nuovo temporaneamente “deprimerlo”.
Si potrebbe definire, allora, la depressione reattiva meglio come depressione isterica. E l’isteria, per le donne e per gli uomini, come diceva Reich, è l’anticamera della genitalità !
In tali casi vi è sempre una “componente” diaframmatici di masochismo, il che spiega le ricadute come coazione a ripetere.
Questo breve panorama della depressione interpretata in chiave reichiana, ci mette in condizione di poter fare a meno di una classificazione nosografica rigida e ancor più ci spiega perchè in psichiatria “certi” psicofarmaci aiutano solo “certi” depressi e non altri, ciò significa che “energeticamente” influenzano solo certi livelli, ma dal momento che ogni livello ha un substrato emotivo è ovvio che se il soggetto non ha avuto la possibilità terapeutica di esprimere le abreazioni, le ricadute saranno inevitabili.
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