L’antica infiorata di Gerano

L’antica infiorata di Gerano

Molte persone mi hanno chiesto informazioni sulla Infiorata di Gerano, un piccolo comune della provincia di Roma che mi ha dato i natali.

In questo paese ho vissuto fino all’età di diciotto anni e ho avuto la fortuna di apprendere ed esercitare l’arte dell’infioratore e sono molto legato a questa tradizione, così come i miei figli.

E’ sempre una gioia tornare a Gerano e l’attrazione maggiore è proprio l’infiorata in occasione della festa della Madonna del Cuore. In questi due anni, per le arcinote vicende sanitarie, non è stato possibile ritrovarsi tutti insieme ad ammirare quei lavori.

E proprio per questo motivo abbiamo deciso di mantenere vivo il legame con la “nostra” infiorata e rafforzare le radici e l’affetto che ci legano alla festa e ai geranesi, realizzando ( nel rispetto delle norme sociali e sanitarie vigenti) una microscopica infiorata nel borgo suggestivo di Via Berra a Milano, la zona in cui viviamo attualmente.

 

Le fonti storiche che contengono riferimenti sulla infiorata di Gerano sono molto scarse. Pare che nel 1625, il “soprastante alle masserizie della fabbrica vaticana” Benedetto Drei per la prima volta allestisse, in Vaticano, un mosaico con petali di fiori per ornare la tomba di san Pietro, nell’anniversario della morte. Quest’attività fu continuata da Lorenzo Bernini, che ricoprì lo stesso ruolo, e poi si diffuse tutt’attorno. Gerano, in provincia di Roma, è il paese che, secondo alcune fonti storiche attendibili, può vantare la più antica infiorata d’Italia.
Le cronache raccontano che intorno al 1770 fu chiamato a ricoprire l’incarico, che già fu del Drei e del Bernini, don Giuseppe Lelli, un geranese che presumibilmente insegnò ai compaesani quest’arte. A quella data si fa risalire la prima infiorata in onore della Madonna del Cuore, che già veniva venerata dal 1740. Una data certa è quella del 1789 in cui i geranesi si recarono nella vicina Subiaco ad allestire un’infiorata in omaggio a Papa Pio VI. Da quell’anno pare che Gerano non abbia perduto un appuntamento.

Nel 1867 un cronista anonimo raccontava: “Infrattanto suonano ancora le campane; e al farsi più alta la notte, una scelta di dilettanti del luogo, sulla spaziosa Piazza di S. Lorenzo, s’accampano a tessere un variato tappeto con mille maniere di fiori freschi e natii per quanto lunga e larga è la piazza e con tal preciso gusto, che contemplandolo attentamente nulla da meno vi trovi d’un magistrale tessuto. Ai soli portatori della graziosa macchina è permesso calcare quel meraviglioso conserto d’odorose fraganze; i sodalizi che l’accompagnano, al loro giungere, schieransi di mano in mano in due ali, alla guisa in che sono disposti i cordoni di verdura che ornano i laterali della piazza stessa.”
Oltre alle testimonianze scritte, negli archivi parrocchiali sono custodite le memorie fotografiche di oltre 120 infiorate. Anche in tempo di guerra i geranesi riuscirono a onorare la Madonna del Cuore con questi caratteristici tappeti.

Il piccolo paese del Lazio, gli abitanti non arrivano a 2000, pur vantando una tradizione secolare è oggi oscurato dal più famoso Genzano di Roma, che si fregia del titolo Paese dell’Infiorata. Ma lasciamo queste dispute alle ricostruzioni storiche, ed occupiamoci più a fondo di questa manifestazione di arte popolare molto interessante e poco conosciuta al di fuori dei luoghi dove viene praticata. Essa è, in poche parole, la realizzazione di un tappeto di fiori raffigurante motivi geometrici, persone, paesaggi, scene religiose. Non solo un tappeto effimero che, pur richiedendo molto lavoro di preparazione, dura al più una giornata, ma anche un tappeto sontuoso degno di accogliere una processione solenne.
L’effetto finale è di notevole impatto e comunica in un solo momento la devozione, l’abilità e il desiderio di essere ricordati degli esecutori.


Ma per arrivare al tappeto di fiori occorrono grandi preparativi, ai quali tutto il paese partecipa. Innanzitutto vanno scelti i soggetti tra i tanti bozzetti che vengono presentati dai bambini delle scuole, dai cittadini. Due temi sono fissi il cuore e le iniziali dell’Ave Maria, i restanti sette ogni anno cambiano: ricorrenze speciali, messaggi di pace, crocifissioni, scorci caratteristici della zona questi le raffigurazioni più ricorrenti. Pare che solo dal 1920 si cominciassero a riprodurre figure umane.
Qualche settimana prima del gran giorno si comincia a raccogliere e preparare i fiori. Una volta gli esperti del paese conoscevano a memoria l’ubicazione delle diverse piante nelle colline e nei campi e se la stagione era particolarmente indietro i raccoglitori dovevano spingersi molto lontano verso le zone più assolate e calde. Ora la maggior parte viene acquistata nei vivai, tranne le selvatiche ginestre, la villaggine e le cosiddette palle di neve. Però tutti gli altri preparativi sono rimasti gli stessi. Bisogna dividere i colori, sminuzzare tutte le corolle, togliere le foglie. Intanto la piazza, che è in leggero declivio, viene nuovamente squadrata in sette riquadri, più un rosone iniziale e una lunetta finale. Tutti partecipano, persino i bambini che sono fieri se possono dire: “Io ho aiutato a togliere le foglie!”.

Poi arriva il momento tanto atteso E’ ormai tutto pronto, manca la fase finale della realizzazione vera e propria. Il lavoro è piuttosto complicato. Innanzitutto bisogna riportare con il gesso sull’asfalto il disegno ingrandito del bozzetto. L’operazione non è semplice: gli infioratori si aiutano con lunghe righe di legno per tracciare linee diritte, con corda e chiodo si ottengono i compassi per segnare i cerchi, metri da falegname aiutano nelle misure e con i gessi di tutti i colori i disegni prendono forma lentamente. Una volta quando la piazza non era asfaltata la parte centrale era in terra battuta e i disegni venivano tracciati con un punteruolo e il solco veniva poi riempito con calce bianca.
Qualche particolare del disegno può essere posto in rilievo formandolo con la segatura ben pressata. Quando infine tutto il disegno è stato tracciato si cominciano a portare i fiori, che dopo essere stati tagliati vengono conservati, divisi per colore, in una fresca cantina. Arrivano le scatole e con pazienza, sempre in ginocchio, i minuscoli petali vengono disposti seguendo i contorni e le indicazioni di colore.

E’ da notare che a Gerano si usano solo fiori, mentre in altre località italiane si utilizzano anche fondi di caffè, segatura colorata etc. Del resto i fiori, in caso di pioggia, garantiscono una maggiore tenuta sul terreno e il lavoro non rischia di andare irrimediabilmente perduto.
Durante la notte della preparazione è tutto un rimandare di voci, chi assiste è impaziente, qualche volta si diverte a prendere in giro. I bambini scorazzano, felici di andare a letto tardi una volta tanto. Immancabili i ricordi: quella volta che continuò a piovere e i disegni a gesso venivano cancellati, quell’altra che il tale fece un capolavoro. I “personaggi” non si contano.

Questa è anche l’occasione per molti geranesi che abitano altrove di tornare in paese, e tra questi anche qualcuno che è stato infioratore e che spiega perché un disegno verrà meglio dell’altro, quali arguzie l’esperienza insegna.
In genere il lavoro dei nove gruppi finisce all’alba e già dal primo mattino la popolazione può ammirare lo splendido spettacolo della piazza completamente colorata. Una superficie di 250 mq, con i colori della primavera: ginestre per il giallo, calendula per l’arancione, il bosso per il verde, villagine per il viola, le palle di neve per il bianco, e poi gli iris, i garofani e le rose. Su questo tappeto effimero e profumato passeranno con grande cautela gli otto confratelli che trasportano il quadro della Madonna del Cuore.

Non solo a Gerano si usa “infiorare” le strade. Quest’arte particolare si è diffusa in molte parti dell’Italia centrale, e negli ultimi anni molti paesi ne stanno recuperando la tradizione o ne accolgono la novità come richiamo per i fedeli e i turisti.
E non è una tradizione solo italiana in quanto si è diffusa in altre parti del mondo.

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