Il cuore e la mente rivolti alla sofferenza dei sopravvissuti e all’impegno dei soccorritori.

Il cuore e la mente rivolti alla sofferenza dei sopravvissuti e all’impegno dei soccorritori.

A me ha sempre fatto piacere considerare la “medaglia del rovescio” piuttosto che il “rovescio della medaglia”; preferisco tener conto delle opportunità e del futuro, piuttosto che rimanere ancorato a ciò che è stato.

A margine dei disastri sopraggiunti in questi ultimi mesi, dalle rovine dei terremoti e dalla catastrofica valanga, sorgono molti spunti di riflessione per aggiornare le conoscenze e migliorare le pratiche.

Innanzitutto penso alla sofferenza dei sopravvissuti e all’enorme fatica dei soccorritori. Questi ultimi sono stati esemplari, oltre le capacità e l’altezza del compito, in grado di superare gli ostacoli con l’esperienza professionale e la notevole forza d’animo.

Mi soffermo per auspicare l’apertura di una (ampia) finestra della ricerca scientifica riguardo a ciò che è accaduto e alle esperienze accumulate in quelle circostanze. Individuando almeno due grandi temi: quello del trauma e della resilienza e il vasto campo relativo alla studio delle organizzazioni complesse e della leadership: quella “partecipata” e la “followership”, ad esempio.

Argomenti che, al di là della banalizzazione dei temi, possono aprire prospettive feconde per dare un senso più profondo e definito alla “protezione civile”, oggi vista soprattutto come una pluralità babelica.

Penso, ad esempio, a come un’osservazione longitudinale dei protagonisti e delle vicende, possa ampliare le conoscenze sullo stress post traumatico (soprattutto perché ci troviamo di fronte ad esperienze in cui il pericolo della vita è risultato veramente “tangibile” e allo stesso tempo si è manifestato su uno scenario diverso).

Penso poi al “governo delle operazioni” e a quanto – nei fatti – è andato oltre la banale linea delle gerarchie e delle “catene” di comando.

Riserverei una parte della riflessione agli aspetti di colore (dell’anima) a quell’empito genuino e generoso di partecipazione e soccorso che – in ambienti complessi e articolati – richiede soprattutto di essere “temperato” dall’alta specializzazione e funzionalità, oltre che dall’esperienza.

Mi piacerebbe anche vedere ampliato e aggiornato il tema della “capacità negativa”, con lo stesso entusiasmo e dedizione di Giovanni Lanzara, che fu il primo a mettere in evidenza questa speciale competenza nel corso degli eventi critici.

Insomma, non basta il buon cuore e, per ricordare una persona protagonista della nascita del volontariato dico: “per fare del bene, occorre saper fare bene”.

 

 

 

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