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Promozione del clima come buona pratica dell’impresa di successo


La competitività di un’azienda risiede nella sua capacità di tendere alla Qualità Totale, ovvero al soddisfacimento dei propri clienti tramite lo sviluppo di un sistema eccelso in tutte le sue prestazioni.

Recentemente la visione dell’azienda si è evoluta: prima che produttrice di profitto, è un luogo sociale in cui si creano valori in armonia con il mercato, la società e l’ambiente. La stessa Costituzione Italiana sottolinea questa mutata concezione dell’impresa: “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (art.4), e: “l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana…” (art. 41).

Coerentemente con quanto appena esposto, sempre più aziende oggi adottano un comportamento socialmente responsabile (aderente all’ottica del Corporate Social Responsability- CSR) che porta benessere a tutti gli interlocutori aziendali (gli stakeholders), tra i quali anche la comunità. L’art. 41, di cui sopra, prosegue dichiarando che “… la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Il ministero del Welfare, infatti, promuove la CSR come garanzia di competitività, attivandosi anche con azioni concrete di informazione, supporto, agevolazioni e finanziamenti che premiano l’adozione di questo atteggiamento da parte delle imprese.

Alla luce di questa premessa, appare inevitabile, nell’ambito dell’impresa, una visione più sistemica anche dei concetti chiave della qualità totale, cliente e qualità.

I clienti sono coloro che fruiscono dei servizi/prodotti che l’azienda offre per il soddisfacimento dei loro bisogni, delle loro aspettative e dei loro desideri. In tal modo è possibile considerare clienti tutti coloro che traggono beneficio dal rapporto con l’azienda, quindi tutti i suoi stakeholders:

(1) “interni” – sia i dipendenti, fruitori di servizi loro preposti (mensa aziendale, amministrazione, medico del lavoro…) sia i fornitori;

(2) “esterni”– i clienti tradizionalmente intesi, ma anche gli azionisti, che portano maggiori investimenti a fronte di una elevata fiducia nell’azienda; il mercato, che ha il potere di decidere l’inclusione o l’esclusione dei suoi partecipanti; e ancora, tutte le parti sociali, quali le Pubbliche Amministrazioni, le collettività, le associazioni e le istituzioni, che possono trarre benefici dall’impresa che porta prosperità, posti di lavoro ma anche, nell’ottica della CSR, sostegno per le attività sociali (attività sportive, iniziative di assistenza, programmi di ricerca…). Ognuno di questi interlocutori aziendali trae beneficio dai servizi dell’impresa; beneficio che a sua volta ritorna all’azienda in termini di maggiore competitività, soprattutto dal punto di vista economico.

Anche il concetto di qualità è mutato: è necessario perseguirla su tutti i livelli dei processi aziendali, interni ed esterni. Le azioni devono essere trasparenti e progettate in una giusta combinazione di etica e qualità, in cui la prima suggerisce come essere e la seconda come fare.

L’impresa opera attualmente in questo tipo di situazione.

Per parlare di responsabilità sociale è però necessario partire dalle persone: prima di agire sulla realtà esterna (comunità e ambiente), l’azienda deve in primo luogo agire sulla sua realtà interna (i dipendenti). Comportandosi in maniera responsabile con coloro che sono l’azienda, essa potrà garantire un comportamento etico anche verso l’esterno. Quindi il primo passo verso la QT è l’orientamento alla soddisfazione dei lavoratori. Tale scopo è perseguibile attraverso un clima aziendale principalmente determinato dall’attenzione all’etica e alla qualità. Questo significa che i primi clienti cui l’impresa deve dedicare attenzione sono coloro che ne costituiscono l’essenza: i dipendenti. L’UNI EN ISO 9001:2000 menziona il coinvolgimento del personale tra i suoi 8 principi fondamentali. Il pieno coinvolgimento dei dipendenti è un’opportunità per metterne le capacità al servizio dell’organizzazione e renderli coscienti della loro importanza. L’azienda deve attivarsi affinché l’ambiente di lavoro incentivi la motivazione e la soddisfazione del personale. Questo è possibile attraverso una gestione proattiva e creativa: proattiva in quanto promotrice di cambiamenti, non vittima di essi, e creativa in quanto tesa all’innovazione, soprattutto nel management. Il cambiamento verso una migliore soddisfazione del personale è perseguibile attraverso interventi mirati che vedano il personale come primo attore del cambiamento. Poiché si può migliorare solo ciò che si misura, si procede innanzitutto con il monitoraggio del clima in cui i dipendenti lavorano; se si vuole intervenire sulle emozioni e percezioni del personale, si deve intraprendere una raccolta sistematica di queste tramite un’analisi del clima aziendale. L’analisi climatica in genere è utilizzata proprio per individuare i punti di forza e i punti critici dell’organizzazione, al fine di sviluppare azioni mirate al suo miglioramento (Majer, Marcato e D’Amato, 2001).

L’importanza del clima aziendale rispetto alla qualità di un’azienda è dovuta all’influenza da esso esercitata sull’ordinamento degli attributi dell’ambiente di lavoro, assumendo il ruolo di filtro di percezione della realtà da parte dei dipendenti (Battistelli e Loi, 2003). In tal modo, influenza importanti processi organizzativi (soluzione di problemi, processi decisionali, comunicazione, processi psicologici di apprendimento, creatività, motivazione e impegno), che a loro volta lo influenzano: il miglioramento del clima aziendale porta a un circolo virtuoso che incentiva creatività e innovazione (Ekvall, 1997).

Questa condizione comporta:

_ l’elevamento della qualità interna, grazie al clima positivo promotore di salute, benessere e sicurezza nel luogo di lavoro. Questo migliora motivazione e job satisfaction;

_ la diminuzione dei costi, per il contenimento/controllo dei rischi legati alla professionalità: diminuiscono le spese per l’assicurazione e i risarcimenti per infortuni sul lavoro, le spese dovute ad un alto turnover e a lunghe assenze per malattie/infortuni, e per contenziosi e vertenze tra l’azienda e i dipendenti.

Il monitoraggio del clima deve procedere attraverso la valutazione, da parte dei dipendenti, del clima in cui lavorano. La raccolta di queste opinioni può avvenire tramite l’accordo/disaccordo riguardo ad affermazioni relative all’organizzazione. Per esempio una frase che esprima una valutazione relativa a uno dei fattori che concorrono al mantenimento di un buon clima aziendale, quale la qualità degli strumenti. Un prodotto adatto al segmento di mercato, di qualità affidabile e strumenti adatti alla gestione dei clienti esterni, aiuta infatti i dipendenti a sentire di possedere controllo nel loro lavoro, e di controllare la propria condizione lavorativa. Essi sono quindi più soddisfatti e operano in modo più produttivo.

Come la qualità degli strumenti, esistono altre potenziali aree la cui percezione da parte dei dipendenti influisce sul clima da loro percepito: l’ambiente di lavoro, flusso e fluidità del lavoro, l’immagine dell’azienda, remunerazione e riconoscimento, l’interesse al lavoro, i rapporti interpersonali, l’autonomia decisionale, l’assunzione di responsabilità e la gestione delle altre persone. Due ulteriori dimensioni aziendali sono indicatori rilevanti per la conferma dell’adesione da parte dell’azienda a una linea di comportamento più etico:

_ l’attenzione ai rischi psicosociali sul luogo di lavoro: stress lavorativo e disagi relativi alle differenze di genere, oltre che i rischi loro correlati;

_ l’attenzione all’interfaccia casa-lavoro e il supporto psico-sociale ai problemi extralavorativi dei dipendenti.

Il prendersi carico dei problemi dei dipendenti, attraverso la loro tutela da potenziali rischi legati al lavoro e alla vita extralavorativa è una testimonianza aggiuntiva della centralità che si vuole dare al benessere del cliente, nel caso specifico “interno”.

Un modalità di attenzione verso i propri dipendenti può essere, per esempio, l’adozione di un punto di vista di genere riguardo alla prevenzione della salute e sicurezza sul luogo di lavoro (European Agency for Safety and Health at Work, 2003). Le normative a tutela dei lavoratori sono erroneamente orientate verso l’uguaglianza di genere, sebbene le differenze esistano e richiedano un relativo trattamento differenziato. Un passo in questa direzione può essere l’attenzione all’interfaccia casa-lavoro.

L’azienda si può attivare mediante la disposizione di un supporto psicologico, sociale, o anche semplicemente informativo, dedicato ai propri lavoratori sul luogo di lavoro; o anche mediante un sostegno concreto a problemi non inerenti alla sfera professionale, quali agevolazioni individuali o consulenze specifiche per problemi personali (dipendenze da alcool, droghe, tabagismo…), di salute (fisica o psicologica), o familiari (anziani a carico, salute di familiari stretti, situazioni familiari anomale o difficoltose). Queste tipologie di problemi sono destinati sicuramente ad aggravarsi e ad aggravare anche lo stress sul lavoro, innescando un circolo vizioso sempre più difficile da interrompere.

L’attenzione da parte dell’azienda al benessere dei propri dipendenti, e soprattutto la relativa percezione di questo atteggiamento da parte di questi ultimi, rivela il reale livello di interiorizzazione della cultura del CSR e incentiva i dipendenti stessi ad interiorizzare loro volta il medesimo atteggiamento verso l’azienda e verso i suoi clienti. Per questo motivo il prendersi cura dei propri dipendenti, anche al di fuori della sfera professionale, è il primo step verso un comportamento etico più ampio: capace di tutelare il proprio benessere interno, l’azienda può poi operare anche per quello esterno (sociale e ambientale).

Oltre il giardino – 52 spunti per accompagnare un anno di lavoro

Oltre il giardino

Miscellanea di appunti scritti dall’autore tra il 2002 e il 2004 – riferimenti di cronaca aggiornati nel 2017

Uno spunto di riflessione a settimana

“Venire oltre”, dicono ancora nelle campagne toscane, intendendo con ciò: “venite avanti, entrate, venite in qua”. In questo senso viene “oltre” chi procede verso di noi. Entra chi va “oltre il giardino”.

Il nome di questa raccolta (un chiaro riferimento al bellissimo film di Hal Ashby, del ’79, interpretato da Peter Sellers) vuole proprio essere un invito a entrare nel metaforico giardino dell’anima. Così come ben evocato da Chance, il giardiniere del film, e dalla sua storia.

Con lo scopo di ricreare un luogo di incontro ideale. Quello che un tempo presentava simbolicamente il luogo della crescita, della coltivazione dei fenomeni interiori della vita, della relazione con le forze creatrici cosmiche.

Un posto dove si possa riscoprire la vita di sentimento e non solo quella della ragione, coltivare un pensiero che medita (quello del cuore) e non solo quello che calcola.

C’è in questo l’opportunità di ripercorrere la strada dell’evoluzione interiore, assai lunga, che è giunta a una notevole ricchezza di contenuti, troppo spesso trascurati e dimenticati.

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      Lavorare troppo fa male al cuore

      Vi sono parecchi fattori che sono associati all’insorgenza di una malattia coronarica, non ultimo lo stress lavorativo. Con questo studio è stato esaminato il problema legato alle eccessive ore lavorative, con lo scopo di verificare se un lavoro particolarmente prolungato possa costituire un fattore di rischio coronarico aggiuntivo, rispetto a quelli tradizionali.

      Il campione è stato costituito da oltre 7.000 lavoratori inglesi privi di malattia coronarica, esaminati a partire dal 1991 fino al 2004. L’endpoint primario è stato stabilito nell’insorgenza di coronaropatia grave (decesso o infarto non mortale).

      Dopo aggiustamenti in base ai fattori di rischio stabiliti con lo studio Framingham, i soggetti con giornate lavorative di 10 o più ore hanno presentato un rischio cardiaco superiore a quelli con giornate di 7-8 ore (Hazard Ratio per 10 ore = 1.45; per 11 o più ore = 1.67). Tenendo conto di questo fattore, i partecipanti allo studio Framingham sono stati riclassificati, ottenendo uno spostamento dalla fascia di basso rischio ad una fascia superiore per il 5% di tutti loro.

      Il commento a questo articolo:

      Lo studio è interessante: più si lavora, più si rischia. Non sappiamo se il rapporto tra ore lavorative e coronaropatia sia semplicemente casuale o causale, ma in ogni caso i risultati dello studio evidenziano l’importanza anche dei fattori psicosociali nella genesi delle cardiopatie acquisite.

      Bibliografia:

      Kivimaki M et al. Using additional information on working hours to predict coronary heart disease: A cohort study. Annals of Internal Medicine 2011 Apr 5; 154:457

      (Fonte: paginemediche.it)

      Una psicologia per tutti

      ANALISI DEL CONTESTO

      Superati i tabù sul ricorso alla psicoterapia come cura di un disagio mentale grave e per questo passibile di vergogna, ogni individuo avverte la necessità di “curare la propria anima”, di attuare un percorso finalizzato all’auto consapevolezza, a un maggior benessere psicofisico e soprattutto a una ritrovata gioia di vivere. Star bene con se stessi e con gli altri sono certamente degli obiettivi ambiziosi e faticosi da raggiungere, ma perseguibili con facilità proprio partendo dal presupposto che è un diritto dovere curare e confortare la propria anima. E dato che il benessere psicologico di ciascuno di noi dovrebbe essere considerato il nucleo fondamentale e indispensabile per una buona qualità della vita, ad esso dovrebbe essere conferito il giusto merito ed attribuito un adeguato valore. Pertanto chi si trova nella condizione di voler richiedere un supporto psicologico, ma non ha le possibilità economiche per conseguire tale obiettivo privatamente e deve purtroppo confrontarsi con liste d’attesa lunghissime per accedere ai servizi pubblici, va aiutato.

      Non si può trascurare che, in tema di salute e qualità della vita, il lavoro (inteso in senso lato come investimento di energie personali per il conseguimento di un determinato fine) è innanzitutto fonte di riconoscimeto psicologico e quindi matrice identitaria.
      Se proviamo a renderci conto che viviamo la maggior parte della nostra giornata al lavoro, non potremo nasconderci che oggi la qualità della nostra vita è rappresentata soprattutto dalla qualità della vita professionale; cioè dalla qualità del lavoro (sia quando c’è lavoro che quando non c’è).
      Stiamo veramente vivendo una mutazione “genetica” nelle nostre condotte di lavoro. In alcune circostanze possiamo verificare una vera alterazione nei parametri qualitativi della nostra vita e sono presenti nuove disfunzioni che attualmente stanno affliggendo la salute delle persone. Da una parte vi sono problematiche di tipo “fisico”: disturbi molto spesso cronicizzati e in stretto rapporto con la fatica mentale e lo stress; dall’altra sono evidenti le problematiche di natura “animica” o “mentale”, derivanti da un non armonico rapporto con se stessi, i propri colleghi, i dipendenti, il lavoro e il ruolo. Si tratta di campanelli d’allarme che mostrano molto chiaramente la necessità di una riflessione sulla salute al lavoro nell’attuale clima di accresciuta competizione e di cambiamenti nei modelli di occupazione.

      Con sempre maggiore frequenza oggi proviamo una certa inquietudine per le conseguenze di modelli organizzativi e di procedure di lavoro che sembrano aumentare soprattutto la gravosità dei carichi mentali. Alla richiesta di fare presto, meglio e a meno costi, le aziende e le organizzazioni sono costrette a introdurre nuove pratiche e procedure organizzative che comportano l’assunzione di compiti nuovi e più impegnativi per le persone che vi lavorano. Le difficoltà e i problemi nuovi, sono segnali che impongono di aggiornare i nostri strumenti professionali i quali, naturalmente, coinvolgono a vario livello specifiche competenze e professionalità.
      Tutto ciò presuppone che venga posta una attenzione più marcata alla “socializzazione” della psicologia, che essa non resti solo appannaggio degli esperti, ma faccia parte delle competenze di base di ogni individuo: per la vita quotidiana, per il lavoro, per le relazioni che essa vorrà intessere.
      Emerge la necessità di trasformare le disfunzioni e gli elementi critici emergenti in esperienze pro-positive, avviare interventi di formazione e di ricerca adeguati alle mutate condizioni. La psicologia e gli psicologi non sono esclusi in queste trasformazioni;
      In futuro qualsiasi intervento di promozione della salute, qualsivoglia attività di prevenzione in fatto di salute, non potrà prescindere dalla cultura della psicologia
      La psicologia ha davanti a sé una lunga strada di continua ricerca azione, un costante “cimento” che offrirà a ciascuno la opportunità di sentirsi al passo con le evoluzioni dei bisogni professionali autodiretti ed eterodiretti.

      Si parla quotidianamente nei mass media di disagio ma sono poco diffuse le conoscenze su quanto si può fare e si fa per promuovere il benessere psicologico.
      Una manifestazione per promuovere il benessere psicologico dovrà basarsi sulla convinzione, ormai diffusa, che il migliore modo di prevenire il malessere delle persone non è quello di intervenire direttamente su di esso, ma di perseguire iniziative volte a potenziare abilità fondamentali per l’adattamento nei diversi contesti di vita.
      Le condizioni di autoefficacia in questo caso costituiscono gli indicatori più possibili di tali capacità e pertanto rappresentano importanti determinanti del benessere delle persone.
      Occorre considerare le persone come agenti attivi del loro sviluppo, perché essi sono in grado di trarre vantaggio dalle relazioni con se stessi, gli altri, il lavoro, la famiglia, ecc.
      Ciò che contraddistingue le convinzioni di autoefficacia delle donne e degli uomini è la loro specificità: tali convinzioni variano in relazione alle diverse aree del funzionamento umano ed in relazione ai diversi ambiti in cui si declina l’esperienza individuale.
      Molti studi, anche nel contesto italiano, hanno sottolineato l’importanza del senso di autoefficacia, nelle sue diverse articolazioni relazionali, nel promuovere il benessere psicologico ed ostacolare le condizioni di rischio.
      Lo psicologo è in grado di fornire suggerimenti di indirizzo e intervento, per agevolare nelle persone le abilità cognitive, emotive ed interpersonali indispensabili per il loro benessere.

      OBIETTIVI

      – Fornire informazioni sulla capacità professionale, la qualità degli interventi e la specificità della formazione degli psicologi e della psicologia

      – Aiutare a riconoscere che le strategie proattive per agevolare il benessere psicologico, legato alla attività lavorativa, all’allevamento dei figli, ecc., possono avere un ruolo importante sulla collaborazione interna e l’aumento di partecipazione dei collaboratori.

      – Contribuire ad eliminare i pregiudizi sul disagio psichico e facilitare lo scambio di buone pratiche per agevolare nelle persone abilità cognitive, emotive ed interpersonali indispensabili per il loro benessere.

      – Rendere evidente che è sempre più necessario tener conto dei bisogni di donne e uomini, bambini, giovani e anziani, più esplicitamente e dichiaratamente psicologici

      – Informare che lo psicologo oggi opera sempre più in contatto con il medico, il sociologo, l’assistente sociale, le istituzioni socio assistenziali, ecc., per affrontare in una prospettiva multidisciplinare i principali problemi che coinvolgono più o meno indirettamente la salute e il benessere delle persone in rapporto con la loro cittadinanza e la loro vita lavorativa.

      CONTATTI:
      Studio Dott. Vittorio Tripeni, 3470469694 tripeni@fastwebnet.it

      Salute ed efficacia del lavoro nell’era del tecnostress

      Se riuscissimo a renderci conto che viviamo la maggior parte della nostra giornata occupandoci dei nostri problemi di lavoro, non potremmo nascondere che oggi la qualità della nostra vita è rappresentata soprattutto dalla qualità della vita professionale.
      Stiamo vivendo continuamente una mutazione “genetica” nelle nostre abitudini di lavoro e le cosiddette nuove tecnologie vanno innescando cambiamenti molto profondi nella quotidianità di ciascuno di noi. In alcune circostanze, può manifestarsi una vera alterazione nei parametri qualitativi della vita e salvo casi eccezionali – che per fortuna sono numerosi – sono molte le disfunzioni che stanno affliggendo attualmente la salute delle persone. Da una parte esistono problematiche nell’ambito “fisico” , disturbi molto spesso cronicizzati e in stretto rapporto con la fatica mentale e lo stress; dall’altra sono evidenti le problematiche di natura “psichica” o “mentale”, derivanti da un non armonico rapporto con se stessi, i propri colleghi, i dipendenti, il lavoro e il ruolo. Si tratta di campanelli d’allarme che mostrano molto chiaramente la necessità di una riflessione sulla qualità del lavoro nell’attuale clima di accresciuta competizione e di cambiamenti nei modelli di occupazione.

      Internet, con le messaggerie e le reti sociali, ha cambiato il modo di comunicare; è richiesto un potenziamento delle capacità relazionali personali, una conoscenza approfondita e diffusa dei meccanismi di comunicazione tra persone, culture e sensibilità differenti e contemporaneamente avremmo bisogno di maggior tempo ed energie che purtroppo ci stanno mancando.

      Con sempre maggiore frequenza proviamo inquietudine per le conseguenze di modelli organizzativi e di procedure di lavoro che sembrano aumentare soprattutto la gravosità dei carichi mentali. Alla richiesta di fare presto, meglio e a meno costi, le aziende e le organizzazioni sono costrette a introdurre nuove pratiche e procedure organizzative che comportano l’assunzione di compiti nuovi e più impegnativi per le persone che vi lavorano. Le difficoltà vissute e i sempre nuovi problemi che ci affliggono, sono segnali che impongono di aggiornare i nostri strumenti e mettono in discussione, a vario livello, le competenze individuali e professionalità.

      Tutto ciò presuppone che venga posta una attenzione più marcata alla psicologia, che essa non resti appannaggio degli esperti, ma faccia parte delle competenze di base di ogni individuo: per la vita quotidiana, per il lavoro, per le relazioni che esso vorrà intessere.
      Chi dirige una azienda o è responsabile di un settore di essa, non può trascurare che l’incremento della produttività e la qualità dei servizi si trova sempre più in relazione con il morale dei collaboratori e lo “star bene” (nei termini di salute e sicurezza) sul lavoro. Contribuire alla qualificazione complessiva degli ambienti di lavoro, migliorare il clima organizzativo, vuol dire contribuire al benessere e alla salute di chi vi lavora e anche garantire il successo dell’azienda e di ciò che produce.

      La promozione della salute nel lavoro non riguarda unicamente la prevenzione delle malattie, delle ferite e degli incidenti. Anzi, a fronte di un calo del tasso di incidenza delle malattie o delle lesioni corporee, è in forte aumento la componente “nervosa” o psicosomatica di vari disturbi derivanti dall’uso non sempre corretto delle nuove tecnologie, oppure dalla difficoltà di far fronte agli adattamenti continui e ravvicinati che i cambiamenti di cui si parlava all’inizio impongono alle strategie aziendali.
      Gli studi dimostrano che i collaboratori che lavorano in un contesto sano e privo di tensioni, danno alle aziende un netto vantaggio sulla concorrenza. Le aziende che investono sulla salute e il benessere dei loro collaboratori ne traggono un ritorno, per il fatto che favoriscono un lavoro di qualità, una più grande creatività e un miglior servizio alla clientela. Riducono il numero dei contenziosi legati alle malattie e alle lesioni e mantengono un basso tasso di assenteismo.
      Riescono a far emergere i talenti migliori e conservare le persone più competenti.
      La promozione della salute non richiede interventi complessi e dispendiosi. Incoraggiare il benessere dei nostri collaboratori può essere abbastanza semplice organizzando attività formative “centrate” sulle persone e finalizzate a coinvolgerle per realizzare un clima “igienico” e “facilitante” l’emersione del loro potere personale; per la salute e il successo del loro lavoro, nonché per i vantaggi intrinseci – in termini di valore aggiunto – per le aziende.

      Realizzare un clima aziendale e organizzativo facilitante la interdipendenza funzionale delle persone e l’attualizzazione delle aspettative in gioco, può risultare anche una opportunità vantaggiosa per alimentare una immagine positiva dell’azienda in quanto organismo “centrato” sulle persone e interessata veramente a prendere in considerazione le percezioni e le aspettative delle persone che in essa pensano, sentono, agiscono. Immagine che pertanto può essere proponibile sia al suo interno che all’esterno . Inoltre può risultare un mezzo veramente efficace per conferire valore aggiunto a garanzia della qualità del servizio fornito.