Ricordo con piacere una esperienza raccontata da Carl Rogers.
Durante una vacanza sul Pacifico, egli se ne stava su alcune sporgenze rocciose a guardare le onde infrangersi sugli scogli; notò con sorpresa, su una roccia, qualcosa come dei piccoli fusti di palma, non più alti di 70-80 cm, che ricevevano l’urto del mare. Con il binocolo vide che si trattava di un certo tipo di alghe costituito da un fusto snello con un ciuffo di foglie posto sulla sua sommità. Osservandole nell’intervallo fra un’onda e l’altra sembrava evidente che il fusto fragile, eretto, dalla chioma pesante, sarebbe stato completamente schiacciato e spezzato dall’onda successiva. Ma quando l’onda gli si abbatteva contro, il fusto si piegava paurosamente e le foglie venivano sbattute fino a formare una linea diretta dallo scorrere dell’acqua. Tuttavia, non appena l’onda era passata, ecco di nuovo la pianta diritta, resistente, flessibile. Sembrava incredibile che un’ora dopo l’altra, giorno dopo notte, per settimane e forse per anni, potesse resistere a questo urto incessante, e per tutto il tempo potesse nutrirsi, affondare le proprie radici e riprodursi.
In breve, che potesse mantenersi e migliorarsi attraverso un processo che, nel nostro linguaggio, chiamiamo crescita. Con la tenacia e la persistenza della vita, la capacità di resistere in un ambiente incredibilmente ostile, riuscendo non soltanto a sopravvivere, ma ad adattarsi, a svilupparsi, a “essere se stessa.
Viene spontaneo pensare al racconto quando capita di incontrare persone che vivono la loro situazione definendola molto complicata e difficile. Vogliono cambiare e non sanno come fare, si sentono schiacciati dai loro fardelli personali. A un esame superficiale le loro storie possono sembrare problematiche, disturbate, sorprendenti. Le condizioni in cui queste persone sono cresciute, hanno vissuto la loro esistenza, di solito non sono state molto agevoli e sicure; eppure, ogni volta che si presenta l’occasione, si può contare sulla tendenza proattiva che alberga in loro.
La chiave per capire il loro modo di essere è che esse stanno lottando, persone e/o organizzazioni di persone, con le uniche modalità che sentono di avere a disposizione, per muoversi verso la crescita, verso il divenire: per uscir fuori da quella condizione di sofferenza. A chi in quel momento osserva la scena dall’esterno e non sta vivendo quei problemi, i tentativi possono sembrare inammissibili e inspiegabili ma essi sono i coraggiosi, autentici, tentativi della vita di esprimersi attualizzandosi. È un modo di essere, una forte tendenza che cerca di affermare un processo di crescita costruttivo, attraverso il quale le persone tentano di dare un senso alla propria realtà, i cui confini circoscrivono le loro decisioni e azioni.
Ho ritrovato su alcune vecchie agende delle annotazioni che trovo ancora interessanti; brevi riflessioni, che credo non banali rispetto al tempo in cui le ho scritte.
Ne ho scelto cinquantadue, risalenti al 2002, 2003 e 2004, con l’intenzione di proporre un motivo di ispirazione settimanale per il corso dell’anno.
Questa è la n. 42: Per arrivare all’alba, non c’è altra via che la notte (2003)
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