L’esprimersi nella vegetoterapia carattere-analitica

L’esprimersi nella vegetoterapia carattere-analitica

A proposito del linguaggio e della comunicazione Wilhelm Reich nell’Analisi del carattere sottolinea che tutto il comportamento, che è in definitiva una serie di movimenti muscolari di un soggetto, è da ritenersi fondamentale in psicoterapia perché non è la parola o il gesto in se che esprimono la weltaunschaung, ma il come essi sono agiti e presentati al terapeuta.

Il privilegiare l’acting, che è peculiare della Scuola reichiana, nasce dall’indiscutibile considerazione dell’attuale allargamento dell’alone semantico della singola parola. La dicotomia cartesiana di res cogitans e res extensa si è risolta storicamente con una prevalenza della prima per cui oggi la parola, come dice Lowen, è spesso usata più per difendersi o per nascondere che per comunicare. Ma gia da tempo i buddisti dicono che la parola è una trappola !

Il terapeuta reichiano oltre a prestare ascolto è impegnato a recepire il come le cose sono dette ed a fare attenzione alla gestualità del soggetto allorché si esprime. Si comprende, pertanto, come sia importante la lettura degli actings proposti in vegetoterapia. Ad esempio il come il soggetto ruota la testa a destra e a sinistra dicendo: “no”, o il come batte i pugni sul lettino dicendo: “io”, ci rende edotti del come si comporta nella vita e quindi di certe sue istanze caratteriali che possono così essere analizzate.

Per noi è necessario che il soggetto senta, prima di comprendere, onde evitare Ia razionalizzazione, impedimento insuperabile al proseguo di una reale terapia. Facendo prendere coscienza al soggetto delle eventuali contraddizioni nell’esprimersi tra il dire e l’agire, induciamo un processo unitario che serve alla fusione psiche-soma, superandone la conflittualità.

Il solo linguaggio non è comunicazione, e la comunicazione si avvale di molteplici segnali.

Nel rapporto linguaggio e pensiero bisogna ricordare che il segno, da cui il segnale, è la premessa linguistica che, dopo la interiorizzazione da parte del bambino per crearsi il suo linguaggio interno, potrà realizzarsi come parola.

Allorché l’alone semantico si allarga compaiono i simboli che sono legati all’ambiente socio-culturale e, per tanto, equivoci. Nella terapia reichiana dove l’interpretazione è ridotta all’essenziale anche per evitare che un’interpretazione soggettiva del terapeuta lo faccia involontariamente essere direttivo, si procede con una spiegazione storicamente valevole

Nella metodologia della vegetoterapia carattero-analitica, da me messa a punto, riteniamo fondamentale per l’analisi delle abreazioni del soggetto in terapia, distinguere due momenti: un primo allorchè, avendo il soggetto eseguito un acting, gli si chiedono le sensazioni provate, per domandare poi l’associazione storica di esse (e ciò è un rivissuto emozionale catartico), ed un secondo che segue subito il precedente che consiste nel chiedere “cosa è passato per la testa” durante l’acting, per poter poi proporre nuovamente la libera associazione. La tecnica è di derivazione freudiana, ma l’analisi dei contenuti espressi in una certa forma, varia da soggetto a soggetto.

Tale analisi, in generale, non ha bisogno di interpretazione simbolica poiché è legata a situazioni esistenziali emotivamente, quindi affettivamente, e quindi biologicamente, vissute ed inscritte nella gestualità o nel comportamento del soggetto stesso.

Lo strumento della psicoterapia verbale è la parola, ma come è possibile analizzare il vissuto del periodo preverbale di un soggetto? Fino al momento dell’uso del linguaggio ogni individuo ha avuto una vita affettiva-emotiva!

Sartre parlava delle emozioni pure ed aveva ragione. Al periodo prelinguisrico della lallazione e der préverbiage, segue, come momento iniziale della fase della verbalizzazione, il periodo definito da Pichon locutoire, poi delocutif, per arrivare al linguaggio socializzato di Piaget.

Ebbene, è necessario ricordare che imparando a parlare il bambino impara a pensare e quindi realizza le sue potenzialità intellettive.

Una psicoterapia teorizzata e teorizzante per noi non ha senso. I risultati di una tale terapia sono relativi e spesso temporanei: il carattere di base del soggetto non cambia. L’entrata in funzione, quindi, dell’intelligenza, del comprendere, avviene molto tempo dopo la nascita e la nevrosi o la psicosi è sempre una manifestazione affettiva cioè emotiva. Il nevrotico o lo psicotico non sono di certo frenastenici !

Per la scuola reichiana il risentire, e quindi poi il comprendere, certe emozioni arcaiche è la possibilità di far luce sulla prima parte della vita umana quando cioè si ha avuto il primo contatto, la prima comunicazione con la realtà.

Diceva Reich, che a volte una seduta può svolgersi anche senza parlare e ciò perché, come ultima considerazione, in psicoterapia si dovrebbe auspicare che il soggetto divenga capace di ritrovare attraverso le sensazioni e le emozioni, il contatto e la comunicazione con se stesso. Se riusciamo a parlare, con la mediazione del terapeuta, con noi stessi e ad essere poi capaci di ascoltarci e di ascoltare (sentire) la nostra caratterialità immatura, che  ci accomuna, ne avrà un enorme giovamento tutta la nostra esistenza.

 

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