Abusi e abbandoni entrano nel manuale che raccoglie le forme del malessere psichico

Abusi e abbandoni entrano nel manuale che raccoglie le forme del malessere psichico

Voglio tenere in evidenza questa breve scheda redatta da Silvia Vegetti Finzi che, a margine di un convegno sulle esperienze traumatiche, pone in evidenza un dato incontrovertibile. Sono molte e sfumate le forme di violenza psicologica che influiscono negativamente sullo sviluppo delle persone. Occorre prestarvi attenzione, imparare a “leggerle” e mettere in atto interventi adeguati di supporto e terapia. Tra le tante possibilità di intervento che attualmente sono proposte dagli specialisti, trovo molto utili quelle centrate sul corpo e le emozioni. Ad esempio, la psico-vegeto-terapia di matrice reichiana.

 

“Ogni nuova edizione del Dsm ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders ), ora siamo alla quinta, pubblicata da Cortina, rappresenta una finestra aperta sul malessere psicologico di un’epoca. Per quanto l’inevitabile generalizzazione lo renda discutibile, questo manuale viene usato da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo, sia nella pratica clinica sia nella ricerca scientifica, per cui ogni integrazione merita di essere considerata uno stimolo alla conoscenza e alla cura.

Un compito che si è riproposto il convegno «Il Dsm scopre le esperienze traumatiche», che è stato organizzato due giorni fa dal Centro Tiama (Tutela Infanzia Adolescenza Maltrattata) all’Auditorium don Giacomo Alberione di Milano.

La diagnosi e la terapia dei traumi psicologici ha una lunga storia, per lo più correlata ai disturbi presentati dai reduci di guerra. Ma già in Freud la persistenza del trauma e la coazione a ripetere inconsciamente emozioni negative che si vorrebbero dimenticare, assume il valore di un funzionamento mentale generale, esteso a esperienze molto lontane dai campi di battaglia.

In ambito psicologico, consideriamo trauma un evento improvviso, di segno negativo, cui il soggetto reagisce con un blocco del pensiero. La diagnosi e il trattamento di questo tipo di traumi è fondamentale negli interventi di emergenza richiesti da catastrofi collettive: terremoti, alluvioni, attentati. Ma una nuova sensibilità sta prendendo in considerazione anche traumi individuali come maltrattamenti infantili (anche precocissimi), abusi sessuali, stati di abbandono, bullismo scolastico, mobbing sul luogo di lavoro.

Perché un evento sia considerato mentalmente traumatico occorre che la vittima lo abbia vissuto con passività, che si sia sentita impotente, incapace di reagire e persino di pensare, che abbia preferito dimenticare l’accaduto piuttosto che accoglierlo nella mente affrontando il dolore che la rielaborazione comporta. In questi casi, anche anni dopo, la tensione tende a scaricarsi attraverso sintomi psicosomatici (insonnia, anoressia, irrequietezza, incapacità di attenzione e concentrazione) o comportamenti asociali (aggressività verso se stessi o gli altri, isolamento, blocco decisionale).

Il soggetto traumatizzato è vittima di ricordi immagazzinati nella memoria come frammenti di percezioni e di emozioni insensati e incomprensibili, schegge impazzite che ledono il senso di sé nell’ambito della sicurezza, dell’autostima e della responsabilità. Spesso la vittima, specie i bambini, preferisce assumersi la colpa della violenza subita pur di salvaguardare le persone dalle quali dipende la sua sopravvivenza.

Per poter procedere a una terapia occorre quindi che la persona traumatizzata sia disposta ad affrontare un percorso inizialmente destabilizzante e, a tratti, doloroso. Si tratta infatti di rivivere l’evento rimosso in una situazione protetta, ove sia possibile tradurre il caos emotivo in pensieri e parole condivisi e organizzarlo in una narrazione dotata di significato e di senso.

Le metodologie sono molte, spesso integrate, ma lo scopo è lo stesso: ridare alla persona traumatizzata fiducia in se stessa, capacità di gestire la sua vita e di affrontare eventuali traumi futuri”.

 

Silvia Vegetti Finzi

Corriere della Sera, 25 gennaio 2015, pag. 25

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