Ritmo e intensità invece di fluidificare le attività di lavoro, le rendono spesso stressanti, pericolose e angosciose. Sovente minacciano la salute delle persone e delle stesse organizzazioni.
Diversi lavori statistici confermano l’idea che esiste un legame tra intensità e condizioni di lavoro. Per quanto riguarda l’Unione europea, c’è ormai una ricca messe di studi che hanno fato seguito a quelli condotti da Green e McIntosh (2002) e da Boisard, Cartron, Gollac e Valeyre (2002).
Lavorare in condizioni sottoposte alla pressione del tempo, equivale a lavorare in uno stato di continua emergenza e ciò comporta un danno per l’organismo; che diventa ancora più incisivo nel caso il lavoro richieda particolare attenzione. L’urgenza, d’altra parte, modifica anche il modo di lavorare e la intensificazione del lavoro diventa una fonte di rischio per le persone e le organizzazioni (Green e McIntosh, 2002; Boisard, Cartron, Gollac e Valeyre , 2002).
È sempre più evidente l’insoddisfazione dei lavoratori nei riguardi del loro lavoro: impressione di non avere più energie per far fronte ai problemi, di non avere più il tempo necessario per svolgere correttamente il proprio lavoro, un sentimento invadente di vivere costantemente nell’urgenza del fare presto e bene. La percezione di questa intensificazione del lavoro si assomma a una dimensione più qualitativa, quella della perdita del senso del lavoro, di un dubbio sull’utilità di ciò che si sta facendo e del suo valore.
Chi oggi lavora, è portato ad apprendere o riapprendere condotte di lavoro, logiche di attività, strategie cognitive che rispondono alle esigenze del lavoro. Ma le persone devono ugualmente dimostrare capacità di inserimento nei nuovi modelli di organizzazione che si creano, pena la loro esclusione. Tutte queste metamorfosi esigono dunque un adattamento rapido dell’individuo, non soltanto nelle sue modalità di pensare e di fare le proprie attività, ma anche nelle modalità di interagire con il suo ambiente socio professionale.
Di fronte alle evoluzioni troppo numerose e troppo costose, in termini di investimenti delle risorse individuali, è grande dunque il rischio che gli individui sviluppino condotte di resistenza al cambiamento con lo scopo di preservare le loro precedenti acquisizioni.
Quanto precede appartiene a una raccolta di appunti:
1 – un equilibrio costantemente instabile
2 – Stiamo vivendo una “mutazione genetica” delle nostre abitudini
3 – Comparse in una commedia di cui non siamo né registi né sceneggiatori
4 – Ritmo e intensità invece di fluidificare le attività di lavoro, le rendono spesso stressanti, pericolose e angosciose
5 – Una caratteristica importante del lavoro d’oggi è che l’equilibrio tra routine e problemi da risolvere è stato interrotto
6 – Tener conto dei rischi psicosociali
7 – Un’organizzazione e un ambiente di lavoro sani e sicuri sono fattori che migliorano le prestazioni
8 – la promozione della salute organizzativa
9 – Bibliografia di riferimento
Che costituiscono l’Introduzione alle lezioni del 31 marzo, 5 e 7 aprile 2014) del corso di Psicologia delle relazioni all’Università Cattolica di Milano (Facoltà di Economia)
“Il front-line del benessere organizzativo – Attori, fattori strutturali e processi, nella gestione del rischio psico-sociale”.
Info sull'autore