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L’essere umano dotato di sensi

Il costrutto di “intelligenza emotiva”, come si sa, è emerso per la prima volta nel 1990, in due articoli scientifici (Mayer, DiPaolo, & Salovey, 1990; Salovey & Mayer, 1990) pubblicati da ricercatori della Yale University e New Hampshire. Nonostante la portata di queste pubblicazioni e la natura innovativa del concetto, è soprattutto il libro “Emotional Intelligence” (1995) di Daniel Goleman, psicologo e giornalista, tradotto in italiano nel 1997, che ha destato un enorme entusiasmo generale sull’argomento.

Per Goleman l’intelligenza emotiva rappresenta la capacità, di rendersi conto dei propri sentimenti e quelli altrui al fine di raggiungere obiettivi fondamentali per ogni essere umano. Un’abilità espressa attraverso cinque caratteristiche fondamentali, che ogni individuo sviluppa soggettivamente nel corso del suo sviluppo:
1. la consapevolezza di sé, la capacità di riconoscere i propri sentimenti e le proprie emozioni nel momento in cui si presentano;
2. l’autocontrollo, la perspicacia di utilizzare e controllare i propri stati interiori per un obiettivo;
3. la motivazione, la prontezza di riconoscere il motivo che spinge all’azione;
4. l’empatia, l’attitudine a entrare in contatto con il sentire gli altri;
5. l’abilità sociale, cioè la propensione a entrare in relazione con altri cercando di capire i movimenti che accadono tra le persone.

È attraverso lo sviluppo di queste qualità che riusciremo ad essere emotivamente intelligenti, imparando ad usare le emozioni come risorsa importante per la nostra crescita individuale e sociale, avendo l’opportunità di agire in modo pro-positivo e pro-attivo.

 

Mi è capitato di venire in possesso del tema (autentico) di un alunno di sedici anni della classe X di una scuola Waldorf che, secondo me, pur essendo scolastico, anticipa argutamente di alcuni decenni la riflessione sulla intelligenza emotiva. Lo ho letto per la prima volta alla fine degli anni ’60 durante uno studio sui sensi e la percezione. E’ un testo che ho utilizzato ripetutamente come spunto di riflessione fenomenologica in molti corsi di formazione.
Fu pubblicato per la prima volta da Georg Hartmann, in Erziehung aus Menschenerkenntnis, Dornach, 1961. Comparve in traduzione italiana con il titolo “L’essere umano dotato di sensi. Componimento di un alunno di sedici anni della classe X”, su Antroposofia, 1963, pag. 93-96 .
Il testo conserva la sua freschezza originale e mi auguro possa incontrare il favore di numerosi lettori.

Quando mangio delle ciliege comprate, in fondo non ne ricevo un grande godimento. Esse compaiono alla fine del pasto, a mezzogiorno. E, mentre le mangio, devo comportarmi bene, a tavola. Nel mangiare le ciliege, i sensi che entrano in attività sono: la vista, il gusto e il tatto. Naturalmente anche il senso del proprio movimento, nel masticare e nell’estrarre dalla bocca col cucchiaio i noccioli. Anche il senso del calore; non tanto però, perché le ciliege comprate non sono così fresche. Le ciliege conservate in frigorifero non hanno un buon sapore. Mangiando le ciliege comprate, a colazione, non si ha un vero godimento.
Del tutto diverso è quando le ciliege son colte direttamente dall’albero. In tal caso bisogna essere possibilmente in due, per poter meglio stare all’erta e sfuggire all’occhio del contadino o della guardia.

In questo modo di mangiare le ciliege risulta che entrano in attività tutti i sensi, nella stessa successione in cui sono menzionati nell’insegnamento dell’antropologia.

Come primo il senso del tatto. Tante cose questo senso ha da sperimentare sull’albero del ciliegio. Non soltanto con la mano che afferra le ciliege e le stacca dal ramo, ma anche col ginocchio nudo che si appoggia alla liscia corteccia del ciliegio, con l’altra mano che abbraccia il ramo entrando così in contatto con la vischiosa resina e, in modo del tutto particolare, con le labbra e con la lingua che tastano la forma tonda e liscia della ciliegia e che poi alla fine sputano fuori il nocciolo.

Il senso della vita ci da anch’esso il sentimento del nostro proprio corpo. Mangiando le ciliege sull’albero, si ha proprio un senso tutto particolare di benessere. Si sente il proprio corpo nei muscoli, perché ci si deve tener stretti all’albero con la forza dei muscoli. Ciò vale ancor più per il senso del proprio movimento che ci fa sperimentare i movimenti dei nostri muscoli. E questi movimenti sono tanti! Il torso e gli arti, le labbra e la lingua, perfino i muscoli degli occhi si muovono e ci danno perciò la possibilità di guardare in molte direzioni. Il movimento più sottile però lo facciamo quando con gran forza riusciamo a sputare il nocciolo. Questo, a tavola è proibito. Eppure, nel mangiare le ciliege, è qualcosa di particolarmente bello!

Un altro senso, quello dell’equilibrio, è necessarissimo sull’albero del ciliegio, specialmente quando si sale sulla cima, dove le ciliege sono migliori. Io credo, che per il funambolo il senso dell’equilibrio sia il più importante.

E adesso veniamo ai quattro sensi della vista, del gusto, dell’odorato e del calore. Questi sensi sono impegnati al massimo sull’albero del ciliegio. Lì ci sono le ciliege rosse nel verde fogliame, la lucida corteccia del ramo, il cielo azzurro, d’estate, con le nuvole bianche. Tutti questi colori sono cosi belli, come non possono esserlo a mezzogiorno, a tavola. Perciò non ha proprio nessun senso di rubare le ciliege di notte, sebbene allora, se si sta un poco attenti, il pericolo non sia tanto grande. Ma, sull’albero del ciliegio, anche per gli occhi è particolarmente bello!

Che le ciliege abbiano un buon sapore, è chiaro. Altrimenti non si cercherebbe di rubarle. Non si può descrivere un sapore, né in fondo si può descrivere nessuna impressione dei sensi, perché queste cose si possono solo sperimentare. Tuttavia è particolarmente buono nella ciliegia il fatto che essa sia insieme e dolce e aspra. Le ciliege troppo dolci non mi piacciono tanto. Devono essere anche un po’ sode. Ma questo rientra nel senso del tatto. E’ incredibile tutto quello che sull’albero del ciliegio si può odorare. In primo luogo il profumo del fieno che viene dai prati, che è una cosa particolarmente bella quando il sole risplende. Poi l’odore delle foglie e della resina. E l’odore stesso delle ciliege che si nota solo quando si addentano. Occorrono sempre molte specie di odori, se ha da sorgere un profumo piacevole. Nell’industria del profumo perciò vengono mescolate sempre molte sostanze odorose, magari anche male odoranti, per produrre un profumo particolarmente piacevole. In estate sull’albero del ciliegio si riuniscono i più delicati profumi della natura.

Quanto al calore, noi lo sperimentiamo come la differenziazione del calore che sentiamo nell’ambiente circostante, rispetto al calore del nostro proprio corpo. In un giorno estivo, sull’albero del ciliegio si sentono molti diversi gradi di calore. Il legno dell’albero è fresco se è all’ombra, caldo nei punti in cui è illuminato dal sole. Talora si sta all’ombra fresca delle foglie, talora in pieno sole. La cosa più bella è la delicata frescura delle ciliege quando si ficcano in bocca.

Quanto al senso dell’udito, mi ricordo di un componimento che abbiamo dovuto svolgere in settima classe nella lezione di fisica. La nostra insegnante ci ha dato per compito di stare, a casa, per cinque minuti silenziosi in ascolto, e di descrivere poi tutto quello che abbiamo udito in quei minuti. Mi ricordo ancora che ci ho messo un mucchio di tempo a svolgere quel tema, perché c’erano tante cose da ascoltare. Anche sull’albero del ciliegio è così. Prima di tutto c’è il lieve fruscio delle fronde al vento d’estate. Poi c’è it rumore dei veicoli che viene di lontano, dalla strada. Si possono udire le voci degli uccelli. Poi la voce del mio amico che sta seduto su un altro grosso ramo dello stesso albero e che chiacchiera con me. Ma particolarmente bello è il suono che si produce quando con gran forza si sputa fuori un nocciolo di ciliegia. Io lo faccio spesso, perché mi piace. A casa non è permesso farlo.

Ora ci sono ancora i tre sensi superiori, con cui si percepisce il linguaggio, i pensieri, e anche l’io dell’altro uomo. Io metto in attività tutti questi sensi, quando ascolto quello che il mio amico mi racconta lassù sull’albero del ciliegio. Credo che il senso dell’io occorra in modo del tutto speciale quando da lontano si vede arrivare la guardia campestre. Si può a mala pena distinguerla dai cespugli dietro a cui spunta, eppure si vede subito che si tratta di un uomo e non di uno spaventa passeri.

Essendo il piacere e il godimento tanto maggiori quanti più sensi vi partecipano, bisogna dire che le ciliege che si mangiano sull’albero sono di gran lunga le migliori.

Io lo so che non si deve rubare. Ma in primo luogo noi a casa non abbiamo ciliegi. In secondo luogo, se si fa attenzione a non danneggiare l’albero, non è poi un gran male quello che si fa. E in terzo luogo io so dal mio amico che il fittavolo a cui il prato dei ciliegi appartiene, da ragazzo ne rubava molte di ciliege anche lui ».