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3 – Comparse in una commedia di cui non siamo né registi né sceneggiatori

È vero, noi possiamo fare qualcosa, produrre qualcosa, lasciare la nostra impronta nelle cose che facciamo, ma il problema è che le cose che si fanno – quasi sempre – sono calate in modelli di organizzazione e in ritmi temporali che non dipendono dalla nostra volontà. Anzi molto spesso non abbiamo neanche coscienza di essere coinvolti in quei meccanismi, ruote di un ingranaggio che funzionano “indipendentemente dalla nostra esistenza e volontà”. Siamo “delle comparse in una commedia di cui non siamo né registi né sceneggiatori”. Siamo “non persone” in un mondo fatto di “non persone”, volti che non riescono a far venire in superficie quella parte di unico e distinguibile che è la personalità (P. Rotta, 1996)

Non è quindi esagerato chiedersi se in questa nostra epoca del fare presto e bene, della velocità e della precisione, della società ultramoderna o ipermoderna, i messaggi relativi alle politiche di qualità ed eccellenza, dell’accrescimento della produttività e del contrasto della concorrenza, non stiano “modellando” subdolamente i comportamenti delle persone, in privato, in famiglia, al lavoro e nel tempo libero. Tenendo presente che le “complessità”, i rapporti interpersonali che vengono vissuti nei contesti sociali, la crescita e lo sviluppo degli individui e delle organizzazioni, la qualità della vita delle persone e degli ambienti di lavoro, costituiscono un campo privilegiato di osservazione per la psicologia del lavoro e delle organizzazioni.

Ormai sono molte le persone che hanno l’impressione di non farcela più, di non avere abbastanza tempo per realizzare correttamente ciò che viene loro richiesto, di vivere continuamente nell’urgenza. I sentimenti si intensificano e incidono sulla percezione qualitativa del lavoro e influiscono sul senso da dare alla propria occupazione. Molti si chiedono se c’è un criterio in quanto stanno facendo e se vale veramente la pena di andare avanti in quel modo.

 

 

 

Quanto precede appartiene a una raccolta di appunti:

1 – un equilibrio costantemente instabile

2 – Stiamo vivendo una “mutazione genetica” delle nostre abitudini

3 – Comparse in una commedia di cui non siamo né registi né sceneggiatori

4 – Ritmo e intensità invece di fluidificare le attività di lavoro, le rendono spesso stressanti, pericolose e angosciose

5 – Una caratteristica importante del lavoro d’oggi è che l’equilibrio tra routine e problemi da risolvere è stato interrotto

6 – Tener conto dei rischi psicosociali

7 – Un’organizzazione e un ambiente di lavoro sani e sicuri sono fattori che migliorano le prestazioni

8 – la promozione della salute organizzativa

9 – Bibliografia di riferimento

Che costituiscono l’Introduzione alle lezioni del 31 marzo, 5 e 7 aprile 2014) del corso di Psicologia delle relazioni all’Università Cattolica di Milano (Facoltà di Economia)

Il front-line del benessere organizzativo – Attori, fattori strutturali e processi, nella gestione del rischio psico-sociale”.

4 – Ritmo e intensità invece di fluidificare le attività di lavoro, le rendono spesso stressanti, pericolose e angosciose

Ritmo e intensità invece di fluidificare le attività di lavoro, le rendono spesso stressanti, pericolose e angosciose. Sovente minacciano la salute delle persone e delle stesse organizzazioni.

Diversi lavori statistici confermano l’idea che esiste un legame tra intensità e condizioni di lavoro. Per quanto riguarda l’Unione europea, c’è ormai una ricca messe di studi che hanno fato seguito a quelli condotti da Green e McIntosh (2002) e da Boisard, Cartron, Gollac e Valeyre (2002).

Lavorare in condizioni sottoposte alla pressione del tempo, equivale a lavorare in uno stato di continua emergenza e ciò comporta un danno per l’organismo; che diventa ancora più incisivo nel caso il lavoro richieda particolare attenzione. L’urgenza, d’altra parte, modifica anche il modo di lavorare e la intensificazione del lavoro diventa una fonte di rischio per le persone e le organizzazioni (Green e McIntosh, 2002; Boisard, Cartron, Gollac e Valeyre , 2002).

È sempre più evidente l’insoddisfazione dei lavoratori nei riguardi del loro lavoro: impressione di non avere più energie per far fronte ai problemi, di non avere più il tempo necessario per svolgere correttamente il proprio lavoro, un sentimento invadente di vivere costantemente nell’urgenza del fare presto e bene. La percezione di questa intensificazione del lavoro si assomma a una dimensione più qualitativa, quella della perdita del senso del lavoro, di un dubbio sull’utilità di ciò che si sta facendo e del suo valore.

Chi oggi lavora, è portato ad apprendere o riapprendere condotte di lavoro, logiche di attività, strategie cognitive che rispondono alle esigenze del lavoro. Ma le persone devono ugualmente dimostrare capacità di inserimento nei nuovi modelli di organizzazione che si creano, pena la loro esclusione. Tutte queste metamorfosi esigono dunque un adattamento rapido dell’individuo, non soltanto nelle sue modalità di pensare e di fare le proprie attività, ma anche nelle modalità di interagire con il suo ambiente socio professionale.

Di fronte alle evoluzioni troppo numerose e troppo costose, in termini di investimenti delle risorse individuali, è grande dunque il rischio che gli individui sviluppino condotte di resistenza al cambiamento con lo scopo di preservare le loro precedenti acquisizioni.

 

 

 

Quanto precede appartiene a una raccolta di appunti:

1 – un equilibrio costantemente instabile

2 – Stiamo vivendo una “mutazione genetica” delle nostre abitudini

3 – Comparse in una commedia di cui non siamo né registi né sceneggiatori

4 – Ritmo e intensità invece di fluidificare le attività di lavoro, le rendono spesso stressanti, pericolose e angosciose

5 – Una caratteristica importante del lavoro d’oggi è che l’equilibrio tra routine e problemi da risolvere è stato interrotto

6 – Tener conto dei rischi psicosociali

7 – Un’organizzazione e un ambiente di lavoro sani e sicuri sono fattori che migliorano le prestazioni

8 – la promozione della salute organizzativa

9 – Bibliografia di riferimento

Che costituiscono l’Introduzione alle lezioni del 31 marzo, 5 e 7 aprile 2014) del corso di Psicologia delle relazioni all’Università Cattolica di Milano (Facoltà di Economia)

Il front-line del benessere organizzativo – Attori, fattori strutturali e processi, nella gestione del rischio psico-sociale”.

5 – Una caratteristica importante del lavoro di oggi è che l’equilibrio tra routine e problemi da risolvere è stato interrotto.

Prima dell’avvento delle nuove tecnologie, la maggior parte del lavoro era routinaria e ciò dava una certa stabilità e una certa identità al posto di lavoro e a chi lo occupava. Attualmente la parte routinaria è stata automatizzata e ceduta alla macchina che è diventata, per forza di cose, la protesi cognitiva o il “palliativo tecnico” di molti lavoratori. Spesso a chi lavora resta oggi solo la gestione delle situazioni critiche, degli incidenti di cui le cui ragioni sono spesso molto complesse, tenendo conto della sofisticatezza attuale delle macchine. La variabilità delle soluzioni si è ugualmente accresciuta: là dove erano possibili due soluzioni, ora ve ne compaiono diverse.

L’attività della supervisione al lavoro arriva così a sancire l’emergenza di una realtà nuova, composta di eventi aleatori e non prevedibili, la cui regolazione costituisce il contenuto della gestione dei processi. Lo stress della diagnosi, dell’incidente da anticipare o la riparazione da fare in brevissimo tempo, è diventato un aspetto non trascurabile del lavoro moderno. Uno dei sintomi possibili di questo stato di cose è la “sindrome di sfinimento mentale” che Frese e Hesse (1995) hanno descritto come il fatto “che una persona si sente affaticata fisicamente, tanto da non essere più capace di identificarsi con il suo lavoro, avendo la sensazione che il suo ideale, le sue idee o il suo potenziale non possono più realizzarsi”. Ciò che di solito si manifesta attraverso una mancanza di motivazione e di produttività e attraverso l’aumento del tasso di assenteismo e dei disturbi a carico della salute fisica e mentale delle persone (abbassamento del livello di vigilanza, reattività, disturbi psicosomatici, sindromi depressive, ecc.).

L’aumento di condizioni “limite” come quelle appena accennate, è stato ormai da tempo messo in relazione con l’evoluzione generale dell’organizzazione del lavoro, spinta ad ottenere il massimo della produttività e della redditività in un contesto di concorrenza estrema (Levi, 1999; Cox T., Griffiths A., Rial-Gonzales E., 2000; Third European Survey on Working Conditions, 2000,Peter e Siegrist, 2000; Tennant, 2001; Kiecolt-Glaser et al., 2002)

 

 

 

Quanto precede appartiene a una raccolta di appunti:

1 – un equilibrio costantemente instabile

2 – Stiamo vivendo una “mutazione genetica” delle nostre abitudini

3 – Comparse in una commedia di cui non siamo né registi né sceneggiatori

4 – Ritmo e intensità invece di fluidificare le attività di lavoro, le rendono spesso stressanti, pericolose e angosciose

5 – Una caratteristica importante del lavoro d’oggi è che l’equilibrio tra routine e problemi da risolvere è stato interrotto

6 – Tener conto dei rischi psicosociali

7 – Un’organizzazione e un ambiente di lavoro sani e sicuri sono fattori che migliorano le prestazioni

8 – la promozione della salute organizzativa

9 – Bibliografia di riferimento

Che costituiscono l’Introduzione alle lezioni del 31 marzo, 5 e 7 aprile 2014) del corso di Psicologia delle relazioni all’Università Cattolica di Milano (Facoltà di Economia)

Il front-line del benessere organizzativo – Attori, fattori strutturali e processi, nella gestione del rischio psico-sociale”.

6 – Tener conto dei rischi psico-sociali

I rischi per la salute mentale dei lavoratori in rapporto, diretto con situazioni esposte a tensioni psico-sociali estreme e costanti, sono stati più volte evidenziati da C. Dejours sin dal 1990.

Tuttavia, molte delle persone toccate dal problema spesso trascurano il fatto che lo stress professionale non comprende solo una reazione del singolo a determinate situazioni aziendali; ma è anche il risultato di una prassi aziendale generalizzata. Spesso si sottovaluta l’evidenza che, oltre ai fattori individuali, anche alcuni fattori aziendali come le attività di management, le condizioni di lavoro e la cultura aziendale possono giocare un ruolo decisivo nell’insorgenza dello stress e dei rischi psico sociali sul posto di lavoro.

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO, 1986) ha per la prima volta definito i rischi psico-sociali in termini di interazioni tra contenuto del lavoro, gestione ed organizzazione del lavoro, condizioni ambientali e organizzative da un lato, e le competenze e le esigenze dei lavoratori dipendenti dall’altro. Tali interazioni possono essere pericolose perché influiscono sulla salute dei lavoratori dipendenti attraverso le loro percezioni e la loro esperienza (in questo caso si accenna al vissuto soggettivo delle persone).

Nella “ricerca sullo stress correlato al lavoro”, pubblicazione ufficiale della European Agency for Safety and Healt at Work (2000), era già ben evidente che i rischi psico-sociali, possono esercitare anche effetti diretti sulla persona, effetti che non sono mediati dall’esperienza di stress. Ma, probabilmente, la definizione più soddisfacente è quella proposta da Cox e Griffihs nel 1995; i quali affermano che i rischi psico-sociali sono correlati con “quegli aspetti di progettazione del lavoro e di organizzazione e gestione del lavoro, e i loro contesti ambientali e sociali, che potenzialmente possono dar luogo a danni di natura psicologica, sociale o fisica”.

Ecco i punti di riferimento in materia di stress che ispirano le attuali politiche di promozione della salute nei luoghi di lavoro. Quello dello stress associato alla esposizione ai rischi fisici (in sostanza, la  tensione e la paura da parte dei lavoratori di essere esposti a situazioni di pericolo derivanti dall’ambiente fisico e/o dall’uso di sostanze e prodotti pericolosi) e quello dello stress associato alla esposizione verso rischi psico-sociali (relativi al contesto del lavoro e al contenuto del lavoro)

 

 

 

Quanto precede appartiene a una raccolta di appunti:

1 – un equilibrio costantemente instabile

2 – Stiamo vivendo una “mutazione genetica” delle nostre abitudini

3 – Comparse in una commedia di cui non siamo né registi né sceneggiatori

4 – Ritmo e intensità invece di fluidificare le attività di lavoro, le rendono spesso stressanti, pericolose e angosciose

5 – Una caratteristica importante del lavoro d’oggi è che l’equilibrio tra routine e problemi da risolvere è stato interrotto

6 – Tener conto dei rischi psicosociali

7 – Un’organizzazione e un ambiente di lavoro sani e sicuri sono fattori che migliorano le prestazioni

8 – la promozione della salute organizzativa

9 – Bibliografia di riferimento

Che costituiscono l’Introduzione alle lezioni del 31 marzo, 5 e 7 aprile 2014) del corso di Psicologia delle relazioni all’Università Cattolica di Milano (Facoltà di Economia)

Il front-line del benessere organizzativo – Attori, fattori strutturali e processi, nella gestione del rischio psico-sociale”.

 

7 – Un’organizzazione e un ambiente di lavoro sani e sicuri sono fattori che migliorano le prestazioni dell’economia e delle imprese.

I primissimi dati forniti dalla Commissione delle Comunità eurpopee (2000), hanno messo in luce che la “non qualità” del lavoro si traduce in una perdita di capacità produttiva per l’economia (500 milioni di giornate di lavoro perse nel 1999 a causa di infortuni o di problemi di salute) e in spese per indennizzi e prestazioni il cui finanziamento pesa, in larga misura sulle imprese. Quasi 350.000 persone sono state costrette a cambiare occupazione o luogo di lavoro o a diminuire la durata del lavoro e quasi 300.000 presentano diversi gradi di invalidità

A livello dell’impresa stessa, la non qualità si traduce in un degrado della sua immagine nei confronti del mondo esterno: dei dipendenti, dei clienti, dei consumatori e, più in generale, del pubblico, che è sempre più sensibile ai temi legati alla sicurezza. Un ambiente di lavoro sano consente inoltre di affermare l’immagine di prodotti o di servizi di qualità e il suo miglioramento dipende da una strategia globale di “gestione della qualità” e di responsabilità sociale, che apporta benefici alle prestazioni e alla competitività

La promozione di “un vero benessere sul luogo di lavoro” che sia tanto fisico quanto psicologico e sociale, e che non si misuri semplicemente con l’assenza di infortuni o di malattie professionali. (Comunicazione della Commissione, 2002) diventa così una importante leva di sviluppo organizzativo per le aziende.

Spesso si incontrano persone che criticano le misure preventive contro lo stress e i rischi psico sociali sul posto di lavoro, affermando che comportano costi elevati. Però, se consideriamo il personale unicamente come fattore di spesa, quando sarà necessario prendere una decisione, queste misure possono apparire onerose. “Ma se si persegue l’idea di investire in risorse umane o capitale umano, i vantaggi a lungo termine sono maggiori dei costi immediati” (Udris, 2003). Considerare il personale come un costo oppure come un investimento comporta strategie e modi di pensare diversi. Tra un’analisi del problema a breve o lungo termine, occorre distinguere la “differenza”; infatti, se si investe nel lungo periodo si avranno meno assenze, meno fluttuazioni del personale, maggiore motivazione e una migliore salute.

Di solito, quando si parla di miglioramento delle condizioni di lavoro si pensa spesso a grossi cambiamenti, che investono vari ambiti quali l’ergonomia, la gestione aziendale, lo sviluppo organizzativo, ecc. Tali fattori sono certamente importanti, ma non dobbiamo dimenticare che anche piccoli passi possono produrre risultati e molti di questi non comportano alcuna spesa. Si pensi ad esempio che con la riorganizzazione dei compiti e delle funzioni, attraverso discussioni e riunioni di gruppo, è possibile introdurre piccoli cambiamenti che possono contribuire a ridurre lo stress sul posto di lavoro e aumentare il grado di soddisfazione dei dipendenti.

La salute è un bene fondamentale e sappiamo che il concetto di salute si è evoluto nel tempo: da una rappresentazione basata sull’assenza di patologie, si è passati a una rappresentazione della salute come realizzazione intenzionale, di intervento dinamico dell’individuo nel suo ambiente. Essa va intesa come benessere fisico, psichico e sociale; vista anche come il risultato di fattori sociali ed economici che esulano dalla sfera esclusiva dell’attività sanitaria.

 

 

 

Quanto precede appartiene a una raccolta di appunti:

1 – un equilibrio costantemente instabile

2 – Stiamo vivendo una “mutazione genetica” delle nostre abitudini

3 – Comparse in una commedia di cui non siamo né registi né sceneggiatori

4 – Ritmo e intensità invece di fluidificare le attività di lavoro, le rendono spesso stressanti, pericolose e angosciose

5 – Una caratteristica importante del lavoro d’oggi è che l’equilibrio tra routine e problemi da risolvere è stato interrotto

6 – Tener conto dei rischi psicosociali

7 – Un’organizzazione e un ambiente di lavoro sani e sicuri sono fattori che migliorano le prestazioni

8 – la promozione della salute organizzativa

9 – Bibliografia di riferimento

Che costituiscono l’Introduzione alle lezioni del 31 marzo, 5 e 7 aprile 2014) del corso di Psicologia delle relazioni all’Università Cattolica di Milano (Facoltà di Economia)

Il front-line del benessere organizzativo – Attori, fattori strutturali e processi, nella gestione del rischio psico-sociale”.