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Le influenze naziste sul management moderno

Nel suo libro Libres d’obéir: le management, du nazisme à la RFA, appena pubblicato da Gallimard, lo storico Johann Chapoutot mette in evidenza una certa continuità tra le pratiche organizzative del regime nazista e quelle che ritroviamo oggi oggi nelle nostre aziende.
Una tesi che farà discutere a lungo ma che vale la pena considerare.


Non è la prima volta che Johann Chapoutot, storico tedesco e professore all’Università della Sorbona, avvicina il Terzo Reich al nostro presente. Di libro in libro, si sforza di dimostrare che il nazismo non era una parentesi della storia ma piuttosto un infante della modernità occidentale. Concentrandosi oggi sul mondo del lavoro, mostra come l’approccio manageriale e le tecniche sviluppate dai leader nazisti hanno continuato ad essere utilizzati molto tempo dopo la fine della seconda guerra mondiale. Ed è così ancora oggi.
L’autore, riportando alla luce i trattati dell’organizzazione del lavoro degli alti funzionari del Terzo Reich, fa emerge un “linguaggio che il nostro mondo, la sua organizzazione sociale e la sua economia usano”, come “elasticità”, “performance”, “produttività” , “iniziativa creativa”, “redditività” … Ovviamente Chapoutot non afferma che la Repubblica di Weimar ha inventato il management moderno, ma mostra come i nazisti pensarono di ottimizzare l’organizzazione della forza lavoro, fino a diventare momento “matrice” (pag. 16) della teoria e della pratica del management del dopoguerra.

Attraverso la figura di Reinhard Höhn, al quale dedica gran parte del suo saggio, Chapoutot mostra che gli alti funzionari nazisti hanno riflettuto molto presto sulle questioni relative all’organizzazione del lavoro.
A Reinhard Höhn, un giovane avvocato brillante e funzionario della SS, viene affidato il compito di pensare al modo migliore per amministrare l’immenso territorio del Reich con mezzi ridotti. Il Reich si è ampliato in modi senza precedenti nella storia tedesca, e poiché ci sono sempre più uomini in uniforme, ci sono meno “risorse umane” alle spalle. Si deve dunque pensare alla trasformazione dell’amministrazione, per fare di più con meno. Inoltre, in campo economico, si tratta di produrre quantità assolutamente incredibili di armamenti per conquistare l’Europa, dall’Atlantico agli Urali. È in questo contesto che Reinhard Höhn svilupperà la sua concezione di Menschen-führung, “la guida delle persone”, una parola inventata per parlare di management perché i nazisti rifiutano di usare termini inglesi. Ciò che è interessante è che dopo il 1945 questa concezione continuerà ad alimentare il mondo del lavoro in Germania. Beneficiando delle leggi di amnistia del 1949, Reinhard Höhn sarà assunto da un sindacato dei datori di lavoro e, molto rapidamente, vedersi incaricato di creare una scuola per la formazione dei Quadri. Fu così che nel 1956 fondò l’Accademia di Bad Harzburg, nella quale formò un certo numero di dirigenti di grandi aziende tedesche.

Che si possa affermare con certezza l’esistenza di una matrice nazista del management forse non è possibile e non credo sia un’affermazione decisiva anche per l’autore. Tuttavia Chapoutot convince ricordando che il management, in quanto riflessione sulle modalità ottimali di strutturare una organizzazione produttiva, è in atto prima del nazismo. Fu il francese Henri Fayol, matematico e ingegnere, a gettarne le basi. Ma Fayol fu criticato dai nazisti per essere troppo cartesiano. All’epoca i nazisti criticavano i francesi per essere troppo autoritari nel loro stile di management. All’amministrazione francese, giudicata centralizzatrice, verticale, gerarchica, Reinhard Höhn opporrà la sua visione della Menschen-führung, “la guida delle persone”. Oppone dunque l’amministrazione francese al management alla tedesca che per lui vuole essere molto più liberale. I nazisti avevano capito che per essere in grado di produrre in modo così massiccio, era necessario motivare ciò che veniva chiamato “materiale umano”, che oggi viene chiamato risorsa umana. Ed è per questo che c’è una riflessione sulla gioia nel lavoro. Nel 1933 all’interno del Reich fu creato un gigantesco comitato aziendale, il Kraft durch Freude (KdF), “forza attraverso la gioia”, incaricato di organizzare le attività ricreative dei lavoratori.


Per i nazisti, dice Chapoutot, l’obiettivo era ricostruire la forza lavoro in modo che l’individuo fosse più produttivo. Il termine “performance” è fondamentale nel pensiero nazista, è un termine polisemico che significa allo stesso tempo produttività, prestazione, redditività. E per i nazisti, è molto chiaro che l’individuo non ha un’esistenza in sé, nessun diritto a parte la sua produttività. In altre parole, se non sei in grado di produrre per il Reich, non hai diritto alla vita. Il parallelo che vedo con l’idea contemporanea di rendere felici le persone sul lavoro che sostengono gli Happiness Managers è che essa non ha scopi filantropici. C’è un “progetto di business” dietro.

Buttando giù come una medicina amara le affermazioni di Chapoutot, percepisco l’utilità di questo suo contributo e rimango lucidamente inquieto di fronte al quadro che egli mi mostra. Soprattutto quando mi fa vedere anche come il regime nazista sia riuscito a creare un’organizzazione di lavoro non autoritario con il consenso generale intorno all’immaginario della “libertà germanica”. Un altro punto in comune con le organizzazioni attuali: le nozioni di piacere e svago. Se “non è ancora il momento del calcio balilla, delle lezioni di yoga o dei Chief Happiness Officers (…) il principio e lo spirito sono gli stessi”, sottolinea lo storico. I lavoratori obbediscono alla Führung, una “forma di potere che impone loro i fini da raggiungere, ma che trasferisce su di loro la responsabilità dei mezzi, perché non è solo nel modo di raggiungere questi obiettivi che sono liberi di agire”.

Johann Chapoutot è professore di storia contemporanea all’Università di Paris-Sorbonne, dopo essersi interessato al regime nazista in opere come Histoire de l’Allemagne (de 1806 à nos jours), pubblicato dal PUF (Que sais-je) nel 2014 o La Révolution culturelle nazie (Gallimard, 2016), ha scritto Libres d’obéir: le management, du nazisme à la RFA (Gallimard, 2020), in cui si concentra particolarmente sui metodi di Menschenführung, che traduce e germanizza il concetto anglosassone di management.