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Sogniamo credendo di essere nella realtà

I mass media, in particolare gli organi di informazione, hanno tanto potere sull’uomo di oggi perché egli vive sognando.
Nei disturbi psichiatrici ciò appare evidente, il malato sogna e crede d’essere nella realtà. Nell’ipocondriaco, nel fobico, nel paranoico che non possono avere un respiro libero, vive un mondo di sogno che fa paura, che il paziente percepisce come vero; per questa ragione tali persone si arrabbiano molto se qualcuno disconosce questa realtà sognante. E’ assurdo dire a un ipocondriaco: non hai nulla…

Le loro azioni, la loro volontà risentono dell’ottundimento della coscienza. Soffocata la consapevolezza, i pensieri diventano malati; il corpo è malato e si muove con lentezza, è greve con i muscoli tesi, i lineamenti del volto si fanno rigidi e gli occhi perdono lucentezza. La depressione grave porta con sé lo sguardo spento, una deambulazione lenta e senza vita, una pelle opaca, l’intero corpo manifesta la patologia del pensiero e degli affetti.

L’intervento terapeutico deve mirare a riportare chiarezza nel pensiero, coscienza (consapevolezza desta) della propria interiorità, ma ciò non può avvenire esclusivamente attraverso un processo (cognitivo) cerebrale, solo con l’intelletto, ma attraverso il “cuore”, agendo sul respiro.

In questi casi, emerge la necessità di una psicoterapia che utilizzando il corpo oltre che la parola, riesca a penetrare nel “sentire” dell’uomo risvegliandone la coscienza.

Sogniamo anche di giorno

Dall’esperienza clinica è possibile osservare che la coscienza (consapevolezza desta) è la fonte del cambiamento dell’uomo. Quando una persona diventa consapevole interiormente e non solo intellettualmente, scopriamo come la compulsione coatta del suo pensiero possa poi divenire consapevolezza del conflitto che dall’anima muoveva il pensare e come la consapevolezza assurga dal suo “sentire” che rappresenta la reale possibilità di guarigione.

L’umanità attuale “sogna” anche nella sua vita di veglia, e più ha un respiro bloccato e maggiormente non si accorge di sognare nella sua quotidianità. Vive di frasi fatte e di pensieri costruiti da altri, si nutre ogni giorno dell’opinione pubblica, perde o diminuisce la sua capacità di giudizio e di critica, ha immagini false dentro e fuori di lui ma scambia queste immagini per realtà. Proprio come avviene nell’onirico.

Sonnecchia nella sua vita quotidiana quando dovrebbe essere ben sveglio, così pensa con pensieri costruiti da altri e prodotti dai suoi fantasmi interiori. Sostiene di poter fare a meno dell’autorità costituita negandola e ribellandosi; in realtà cerca inconsciamente l’identificazione con essa per continuare a nutrirsi di illusioni.

Che cosa vuol dire lavorare con amore?

Gibran Khalil Gibran, avrebbe detto:

“ E’ tessere con fili tratti dal cuore, come se la stoffa fosse destinata a vestire l’essere amato.


E’ costruire una casa con passione, come se l’essere amato dovesse abitarvi.


E’ spargere semi con tenerezza e mietere con gioia, come se l’essere amato dovesse mangiarne il frutto. …”
Da parte nostra, cerchiamo di non tenere troppo sotto pressione i nostri collaboratori.

Incoraggiamoli pure a fare di più, ma riconosciamo i segnali del loro sovraccarico: un carattere troppo reattivo, un umore incostante, del sarcasmo, ecc.

Diamo l’esempio. Poiché siamo il punto di riferimento, i nostri collaboratori seguiranno il nostro modello; nel caso fossimo affidabili e bravi lavoratori oppure no.

Mettiamo le mani in pasta. Non dobbiamo avere paura di metterci all’opera per compiere ciò che è necessario. Le persone della nostra equipe ci rispetteranno di più se noi lavoreremo al loro fianco.

Poniamoci al servizio degli altri. Impariamo a dire “cosa posso fare per voi?” nelle nostre relazioni con i colleghi, i collaboratori, i clienti.

Quando partecipiamo in prima persona all’impegno della nostra squadra, abbiamo la possibilità di raggiungere più in fretta i risultati desiderati.

Cerchiamo di valutare il clima e l’atmosfera nella quale lavoriamo.

Possiamo verificare se noi stiamo facendo ciò che è necessario per mantenerli motivati, chiedendo ai nostri collaboratori se sono d’accordo o no con le seguenti affermazioni,

– la mia opinione è tenuta in considerazione nelle circostanze del mio lavoro?

– chi vuole assumersi maggiori responsabilità, ha la possibilità di farlo?

– nel corso degli ultimi sei mesi mi hanno parlato di sviluppo e crescita personale?

 

Vittorio Tripeni (2002) ” Le leve leggere della motivazione “, in “Oltre il Giardino”. eBook 2018

Non basta essere capi o padroni per essere leader

I leader efficaci sono specialisti di relazioni umane e altrettanto bravi
nel raggiungere gli obiettivi di un progetto.
Sanno conciliare il bisogno di comunicazione di ogni persona con quello della performance del gruppo.
Stabiliscono relazioni sane con i loro collaboratori, tanto con i colleghi che con i dipendenti.
Il successo di un’azienda, basato sul lavoro di equipe, dipende dalle capacità delle persone che ne fanno parte di risolvere i loro conflitti e gestire produttivamente il cambiamento in corso. È necessario perciò che le persone diventino partner piuttosto che mantenere uno spirito di competizione. E’ importante che lavorino insieme per identificare e definire meglio le loro preoccupazioni e i loro rispettivi bisogni. Ciò dovrà tradursi in modalità nuove di rapporto in grado di soddisfare questi bisogni attraverso la loro cooperazione.

È difficile ottenere i rendimenti desiderati senza esercitare una certa autorità sui dipendenti. E ci si inquieta quando essi non prendono l’iniziativa o quando si aspettano che gli si dica cosa fare. Possiamo, con autorevolezza, chiedere ai dipendenti le prestazioni che ci si attende da loro, ma per ottenere di più è necessario allearcisi, mobilitarli, con-vincerli, motivarli!

Non basta essere capi o padroni per essere leader. Il mondo progredisce grazie alle persone altamente motivate, agli entusiasti, alle donne e agli uomini che vogliono raggiungere i loro obiettivi e che ci credono con tutto il loro cuore. Tuttavia, per garantire la loro compartecipazione e corresponsabilità, la cosa migliore è abbandonare modalità di gestione tipo “comando e controllo” a vantaggio del consenso e del contributo partecipato.

Così, anche il profitto diventa un tema di armonia.

 

 

Vittorio Tripeni (2002) ” Vince il leader che cerca il consenso “, in “Oltre il Giardino”. eBook 2018

Quale formazione?

C’era una volta un contadino che il giorno prima dell’aratura aveva l’abitudine di andare nei campi a caccia di vipere. A un amico che gli chiese il perché di questa caccia un po’ pericolosa, egli rispose: “Si lo riconosco, ciò che faccio sembra poco logico. Però, se oggi, che ho tempo per guardarmi attorno, non dedico tempo e fatica alla caccia ed alla eliminazione delle vipere domani, quando sarò occupato e poco attento perché impegnato ad arare, loro potrebbero mordermi ed uccidermi”. 

Mi torna in mente spesso questa storiella; ancora di più in questi giorni che portano il peso di nuovi (tanti) incidenti sul lavoro.

Ogni persona che lavora realizza condizioni di sicurezza (anche attraverso l’applicazione responsabile delle proprie competenze, la disciplina, l’abitudine a seguire le regole) nello svolgimento del proprio compito. In ogni momento. Tuttavia, all’interno delle attività di lavoro la sicurezza può essere pregiudicata dalle azioni o dalle omissioni di chi è direttamente o indirettamente coinvolto nei processi organizzativi e di produzione. 

Mi sembra una affermazione ricca di senso quella di un sindacalista intervistato a margine dei fatti recenti. Cambiamo approccio al tema della sicurezza: il punto di partenza dovrebbe essere il concetto di percezione del rischio; cioè, dico io, dalla capacità di assumere un atteggiamento mentale che mantenga costantemente attiva la consapevolezza della situazione nella quale siamo durante le nostre attività.

Allora, proviamo a rimettere in discussione le modalità e i contenuti della formazione.

Non certo i corsi proposti da agenzie che vivono emettendo certificazioni, senza trasmettere ai lavoratori e datori di lavoro i concetti e, soprattutto, le modalità fondamentali e i nodi critici della percezione del rischio e dell’assunzione di comportamenti sicuri.

A partire dagli errori e dagli incidenti mancati per un soffio